mercoledì 4 dicembre 2013

Frank Zappa, chi era costui?






"We, hai sentito? Oggi sono 20 anni dalla morte di Frank Zappa"
"Ah sì, grande Zappa! Quello che ha detto dei giornalisti rock che sono gente che non sa scrivere che intervista gente che non sa parlare per lettori che non sanno leggere"
"Sì, ed è anche quello che ha detto che l'idrogeno non è la sostanza base dell'universo, ma la stupidità perché ce n'è molta di più"
"E quando quel tizio gli ha chiesto se era una ragazza perché aveva i capelli lunghi e lui, di rimando, gli ha chiesto se era un tavolino visto che aveva una gamba di legno?"

"Ah! Ah! Ah! Classico!"
"Senti, ma mi sta venendo un dubbio: che canzoni ha fatto Frank Zappa?"
"Ma come che canzoni ha fatto? Ma dai! Ma se ha fatto quella là, famosissima... 'Tengo na Minchia Tanta'!!!!!!"


Il 4 Dicembre 1993, Frank Zappa se ne andava, dopo qualche anno di calvario legato ad un tumore alla prostata. O, come annunciò la sua famiglia, "partì per il suo ultimo tour". Le reazioni del mondo della musica furono un po' scosse. Lou Reed (che per una beffa del destino è scomparso esattamente 20 anni dopo), da sempre suo rivale e da sempre molto poco carino con lui, dichiarò che "è raro incontrare persone al mondo che fanno cambiamenti in maniera positiva. Frank Zappa era tra queste e uno dei miei più grandi rimpianti è di non averlo conosciuto meglio. Frank era la voce della ragione e dell'onestà in un business privo di queste cose", Elio fu laconico: "facciamone un mito" disse "come Jim Morrison e Freddie Mercury", l'amico/nemico di sempre Don Van Vliet (alias Captain Beefheart), da tempo ritirato a vita privata, non rilasciò nessuna dichiarazione ufficiale, ma chi era in contatto con lui lo definì "sconvolto" dalla notizia, mentre molti altri artisti (chi con più sincerità, chi con meno) si affrettarono subito a metterlo tra le loro influenze e ad esprimere grande ammirazione per lui. Nei due anni successivi, un produttore utilizzò la musica di Zappa nella comicissima serie animata Duckman (nella quale, il personaggio di Ajax viene doppiato da Dweezil, il figlio di Frank) e nel 1995 il nome di Zappa entrò nella Rock'n'Roll Hall of Fame.

Che immagine ha Zappa oggi 4 Dicembre 2013? Elio è stato profetico. Zappa è diventato un mito. Il baffo e mosca sardonici di Frank Zappa sono entrati nell'iconografia musicale, come lo sguardo distante di Jimi Hendrix, la prosa trionfale di Freddie Mercury e la figura di Jim Morrison. Anche le sue frasi vengono citate spesso, soprattutto da coloro a cui piace darsi l'immagine da intellettuale. La più gettonata, ultimamente, è "se passi una vita noiosa e miserabile perché hai ascoltato tua madre, tuo padre, il tuo insegnante, il tuo prete o qualche tizio in tv che ti diceva come farti gli affari tuoi, allora te lo meriti", seguita da "parlare di musica è come ballare d'architettura", frase snaturata dal suo contesto, peraltro. Anche il termine "Zappiano" viene usato a dismisura. Qualsiasi composizione sia complicata, variegata e, allo stesso tempo, buffonesca e sbeffeggiante, ancor di più se ha un testo volgare, verrà automaticamente etichettata in questo modo. Mi è capitato più di una volta di vedere magliette con quella foto di Zappa nudo seduto sul water, immagine che lui stesso ha ripudiato e rifiutato, ma che sembra essere diventata l'archetipo del suo modo di essere. Eccolo qua, un mito creato per riuscire a mangiare sulla sua immagine dopo la morte più di quanto fosse possibile farlo durante la sua vita. Sicuramente tutto questo, a Zappa sarebbe andato di traverso peggio del famoso salatino ingoiato da Bush.

Ora, Frank Zappa sarà anche morto, ma la sua musica continua a sembrare fresca, piena di ispirazione e, soprattutto, completamente diversa da qualsiasi altra cosa sia in circolazione, presente o passata. A noi restano quindi tre opzioni:


  1. Ci maceriamo e viviamo perpetuamente nel "cosa farebbe lo zio Frank se fosse ancora vivo?" ascoltando incessantemente i suoi dischi;
  2. Cerchiamo di convincere più radio a suonare la musica di Frank Zappa e più giornali a fare articoli su di lui;
  3. Cominciamo a trattarlo da compositore, il quale era, e cercare di fare in modo che venga finalmente riconosciuto come un tassello importante della musica del XX secolo.


Scelgo la terza ipotesi, pensando soprattutto che, prima di tutto Zappa era un compositore ed un musicista, e non è stato altro per la durata della sua vita. Certo, era abile a commentare e a ridicolizzare tutte le mode e le brutture della società (solitamente quelle cose che tutti gli altri esaltavano), ma non ha mai pensato di mettere in secondo piano la musica per questo. Le sue composizioni sono state eseguite da varie orchestre, tra cui la London Symphony (che, ricordiamocelo, è una cooperativa che sceglie in persona quale musica eseguite) e l'Ensemble Modern, che tante gioie gli diede al termine della sua esistenza. Recentemente, ho avuto modo di constatare in prima persona quanto la musica di Zappa sia rispettata e tenuta in considerazione da docenti universitari di musica e da studiosi di musica contemporanea. Quest'anno, lo Zappa Family Trust, ha proclamato il periodo che va da Dicembre 2013 a Dicembre 2014 "l'anno di Frank Zappa". Ora, siccome è difficile scostare Zappa dall'immagine del "genio metropolitano", forse sarebbe il caso di non cercare più di realizzare consensi tra il pubblico mainstream e di concentrarsi sulla sua figura da compositore, magari cominciando a dare permessi a orchestre di portare in giro il suo repertorio e magari di tentare di eseguire anche tutte quelle partiture che sono state scritte e che oggi rimangono inedite, addirittura cercare di arrangiare quei pezzi per synclavier insuonabili per definizione. In fin dei conti, l'Ensemble Modern ci è riuscita con "G-Spot Tornado".

Comunque, dire che non sta succedendo niente di buono che riguardi la sua musica sarebbe assolutamente ingiusto e fuori luogo. In qualche modo, il nome di Zappa viene celebrato e vengono già organizzati eventi a suo nome. Giusto poco tempo fa è uscito un bel documentario ad opera di Salvo Cuccia, intitolato "L'estate di Frank" che in questi giorni sta avendo molta fortuna e ha avuto anche messe in onda su Sky. Il problema è che siamo sempre gli stessi a celebrarlo e queste cose difficilmente incoraggiano nuovi adepti ad addentrarsi nella sua musica. Una sua entrata (di diritto) nella "musica classica" potrebbe essere un buon inizio per far riscoprire Frank Zappa. Il fatto che, questo Ottobre, la BBC Concert Orchestra abbia eseguito "200 Motels" alla Royal Festival Hall fa sperare bene.

Oggi, però, consiglio a tutti di aprire la Zappa Radio presente sul sito ufficiale e di farsi una bella scorpacciata della musica dello zio Frank. Ascoltatela e basta. Non pensate al baffo sardonico, non pensate allo sguardo sbeffeggiatore, non pensate ai giornalisti rock, ai tavolini, all'idrogeno e, soprattutto, dimenticatevi della "minchia tanta". Ascoltate la musica per quello che è: meravigliosa, complessa e unica, e forse capirete di cosa sto parlando.


venerdì 8 novembre 2013

Into Deep #10 - Flexible Strategies - Le B-side dei Police





"Ho sempre pensato che le B-sides fossero i posti dove avevamo l'opportunità di rilassarci un po'. Parte del nostro materiale è stato concepito durante le improvvisazioni, nei soundcheck ad esempio. Le B-sides hanno la possibilità di essere meno convenzionali, più spinte" - Andy Summers, 1993

Credo non ci sia bisogno di nessuna introduzione per quanto riguarda un gruppo di successo come i Police (il cui nucleo classico è composto da Sting, al secolo Gordon Sumner, al basso e alla voce, Andy Summers alla chitarra e Stewart Copeland alla batteria). La quantità di singoli pubblicata da questo gruppo è proprio uno dei motivi per i quali non ha alcun bisogno di presentazione. Sebbene la maggior parte dei singoli siano brani presenti su album, questa non è una regola generale. Non solo, ma molto spesso il lato B del singolo è un brano inedito: a volte un outtake dall'album dal quale è stato tratto il singolo (escluso perché troppo bizzarro o, semplicemente, per motivi di spazio), altre volte, cose incise appositamente per il retro del singolo, per i motivi egregiamente spiegati nella citazione di Andy Summers indicata qua sopra.

La maggioranza dei brani qui elencati sono disponibili nel cofanetto "Message in a Box" edito nel 1993, che contiene anche tutti gli album in studio e altre rarità, ad eccezione del remake di "Truth Hits Everybody" che, ad oggi, resta non disponibile in nessun altro formato.


FALLOUT
NOTHING ACHIEVING
(Singolo pubblicato nel Maggio 1977)

Contraddistinto da una copertina a dir poco grottesca e da un sound essenzialmente punk, questo 45 giri rappresenta la prima uscita discografica dei Police, un anno prima del loro debutto ufficiale su 33 giri con "Outlandos D'Amour". Entrambi i brani sono stati composti da Stewart Copeland che, all'epoca, era la vera propria mente dell'intero progetto: il batterista, infatti, non solo compone i brani, ma disegna anche il layout del singolo e lavora alla lavorazione fisica del prodotto. Oltre al sound sorprendentemente poco sofisticato (che viene compensato in energia pura), questo singolo è particolarmente degno di nota per essere l'unica uscita discografica con il Francese Henry Padovani alla chitarra, che in seguito verrà affiancato da Andy Summers, prima di essere definitivamente escluso dalla formazione. Tuttavia, Padovani si dimostra un chitarrista non adatto al gruppo, così, in entrambi i brani, incide solo l'assolo: la chitarra ritmica viene suonata da Copeland stesso. Nonostante nessuno dei due brani sia particolarmente speciale, questo singolo non è un brutto modo di cominciare la carriera, con un entusiasmo e un'energia nella performance che coinvolgono l'ascoltatore fin dal primo ascolto.

Per promuovere il primo LP del gruppo "Outlandos D'Amour", viene inizialmente scelta "Roxanne" , ma, sebbene oggi il brano sia piuttosto noto, gli esiti non furono esattamente grandiosi. Come secondo singolo viene scelta "Can't Stand Losing You". Molta della popolarità del brano venne causata dalle controversie che sollevò: il brano alludeva, infatti, al suicidio e la copertina del singolo mostrava una sagoma (appartenente a Stewart Copeland) con un cappio intorno al collo che attende la sua fine su un blocco di ghiaccio che si sta sciogliendo. Per questi motivi, la BBC si rifiutò di trasmetterlo, ma poco importava: il brano divenne comunque noto al pubblico Inglese e fu il primo singolo della band a entrare in classifica.



DEAD END JOB
(B-side di "Can't Stand Losing You", Agosto 1978)

Sul retro del singolo, compariva "Dead End Job", un brano basato su un vecchio riff composto da Stewart Copeland e completato da Sting e Andy Summers. Musicalmente continua ad essere molto più punk che pop e, come i due brani precedenti, colpisce di più per l'energia e il divertimento nell'esecuzione del brano, più che per la composizione in sé. Nel testo, Sting si lamenta del precariato, mentre Summers legge alcuni annunci in un quotidiano locale marcando il suo accento di Lancashire. Nonostante sia evidentemente un brano minore (e il suo posto sia assolutamente quello di B-side), è sempre stato uno dei brani preferiti di Sting che, in alcune interviste, arriva addirittura a definirla "il miglior brano dei Police" e spesso la improvvisa vocalmente all'interno di altri brani dal vivo.

Nel Novembre 1978, viene pubblicato un terzo singolo da "Outlandos D'Amour", la celeberrima "So Lonely". Sul retro del brano, troviamo un'altra canzone non presente sull'LP, la frenetica "No Time This Time". Tuttavia, il brano viene riciclato nel disco successivo ("Reggatta de Blanc") come pezzo di chiusura, per cui non ce ne occuperemo in questo articolo. Se "Can't Stand Losing You" aveva iniziato a rendere noti i Police, "So Lonely" li aveva fatti entrare di diritto tra i gruppi più in voga del periodo. Con "Message in a Bottle", il primo singolo del secondo LP "Reggatta de Blanc", invece, si entra letteralmente dalla leggenda. Amatissimo fin dal primo giorno di uscita, questo singolo rimane il brano per cui i Police sono tutt'ora maggiormente conosciuti. Non solo, si tratta anche del primo singolo che rappresenta veramente il sound che contraddistingue i Police.



LANDLORD
(B-side di "Message in a Bottle", Settembre 1979)

Sul retro del singolo, invece, troviamo "Landlord", un brano punk vecchio stile composto originariamente da Copeland, il cui testo è stato in seguito riscritto da un risentito Sting che voleva alzare il dito medio contro il padrone di casa che l'aveva appena sfrattato (ingiustamente, a suo parere), insieme alla moglie Frances Tomelty dall'appartamento che aveva affittato a Londra. Il brano non era raro nelle scalette dal vivo del gruppo e, probabilmente, l'unico motivo per cui non è stato incluso in "Outlandos D'Amour" è che il ritornello assomiglia un po' troppo a quello di "Next To You", brano di apertura di quell'LP, cosa evidenziata anche nelle versioni dal vivo (spesso i due brani venivano eseguiti attaccati). Comunque sia, come B-side merita e si incastra perfettamente nel periodo punk che stava attraversando la Gran Bretagna (e il mondo intero) in quel momento, con un Andy Summers spettacolare alla chitarra.


Il secondo singolo di "Reggatta de Blanc", "Walking on the Moon" conferma la grande ascesa dei Police. Si tratta di un brano semplice e immediato, dal testo visionario (pare che sia stato scritto da uno Sting ubriaco), composto da una linea di basso di poco più di tre note, ma che riesce moltissimo nella sua atmosfera cupa e spaziale.


VISIONS OF THE NIGHT
(B-side di "Walking on the Moon", Novembre 1979)

Per il retro di "Walking on the Moon" troviamo un brano estremamente vecchio, così vecchio che faceva parte del repertorio degli Strontium 90, ovvero il gruppo pre-Police che conteneva tutti i membri della band più Mike Howlett, storico bassista dei Gong (band che eseguiva anche altri futuri brani dei Police, specificamente "Be My Girl", "O My God" e "Every Little Thing She Does is Magic") e inserito anche nelle prime scalette del gruppo. Musicalmente si tratta di uno dei pochi brani dei Police (assieme al singolo d'esordio) puramente punk, con tanto di cantato gridato di Sting.


La popolarità dei Police è talmente alta che nel Giugno 1980 la casa discografica A&M decide di ripubblicare tutti i singoli usciti (ad eccezione di "Fall Out"/"Nothing Acheiving", che era uscito per la Illegal Records) in un'unica confezione intitolata "Six Pack". In questo mini-cofanetto viene incluso un altro singolo da "Reggatta de Blanc" altrimenti non disponibile: "The Bed's Too Big Without You".



THE BED'S TOO BIG WITHOUT YOU
TRUTH HITS EVERYBODY (LIVE)
(singolo pubblicato nel Giugno 1980)

Sebbene entrambi i brani siano stati editi, le due versioni qui contenute sono esclusive a questo 45 giri. Il lato A del singolo è una nuova versione in studio, probabilmente, però, registrata in presa diretta e senza sovraincisioni (è in mono). Il risultato è molto meno prodotto di quella in studio, ma più crudo, più energico e molto più vicino all'ascoltatore. Questa versione è molto simile alle versioni che il gruppo suonava dal vivo, ad eccezione della lunga jam centrale, qui necessariamente non eseguita.
Questa versione di "Truth Hits Everybody", invece, proviene dal concerto all'Orpheum Theatre di Boston del 27 November 1979, che sarà pubblicato nel 1995 all'interno del disco dal vivo "Live!". Poco da dire su questa versione: l'arrangiamento è lo stesso della sua controparte in studio su "Outlandos D'Amour", solo eseguito molto più velocemente e energicamente.


L'uscita del tanto atteso terzo album del gruppo, "Zenyatta Mondatta", è anticipata di un mese dalla pubblicazione del 45 giri del suo brano di apertura, "Don't Stand So Close To Me", che diventerà il singolo più venduto della top 10 Inglese del 1980, un'inquieta storia di desiderio impossibile tra una studentessa e un professore.


FRIENDS
(B-side di "Don't Stand So Close To Me", Settembre 1980)

Composta da Andy Summers, "Friends" è uno dei brani più folli dell'intera discografia, vagamente ispirato agli scritti di Robert A. Heinlein. Il testo, cantato, anzi declamato dallo stesso Summers, parla di cannibalismo in toni però, squisitamente filosofici ("Dicono che tu sei quello che mangi, quindi i miei amici diventano parte di me quando li mangio/. 'Amarti è mangiarti', dovrebbe essere il motto degli amanti./ La morte porta all'atto più grande di amore possibile l'uno per l'altro") con uno humour spinto che ben si sposa con la musica che lo accompagna. Senza alcuna ironia, possiamo tranquillamente affermare che vale la pena di esplorare il retro dei 45 giri solo per trovarci brani come questo che, in un contesto da album (soprattutto nel caso di un gruppo come i Police) sono impossibili da trovare.


"Zenyatta Mondatta" va estremamente bene nella classifica, anche grazie al secondo singolo, "De Do Do Do, De Da Da Da", una filastrocca nonsense che colpisce di più per la sua immediatezza più che per il suo valore artistico. Comunque sia, la canzone fa così tanto successo che in Giappone e in Spagna il singolo viene ricantato da Sting nella lingua di entrambi i paesi.


A SERMON
(B-side di "De Do Do Do, De Da Da Da", Dicembre 1980)

Un brano di Stewart Copeland che ricorda molto quelli che all'epoca incideva con il suo progetto parallelo Klark Kent, nel quale suonava tutti gli strumenti e cantava canzoni ironicamente assurde. "A Sermon" non potrebbe essere più perfetta di com'è come lato B di "De Do Do Do, De Da Da Da". Mentre il lato A del 45 giri era una stucchevole canzoncina, il lato B sfoga tutta la rabbia dei Police verso lo show business e all'incertezza del mondo della musica in uno humour deliziosamente arrogante. Come ai vecchi tempi, Copeland suona la chitarra ritmica del brano, mentre le parti più complicate vengono suonate da Summers. Per questo motivo, il sound del brano è un ponte tra i vecchi Police più punk e quelli nuovi più sofisticati, e, quindi, l'ascolto risulta molto interessante.


Se Sting si era già politicizzato con "Driven to Tears" da "Zenyatta Mondatta", il suo apice di protesta viene raggiunto dalla bellissima "Invisible Sun", il primo singolo del successivo album "Ghost in the Machine", contraddistinta da un inusuale sound cupo e oscuro dato dai sintetizzatori, sul quale Sting descrive le condizioni di vita disastrose delle persone che stanno affrontando un periodo di guerra e di distruzione, lasciando però un po' di speranza nel ritornello della canzone. Viene girato anche un videoclip della canzone nel quale vengono mostrate alcune immagini vere degli scontri del nord Irlanda che, per le sue immagini forti, non viene trasmesso dalla BBC.


SHAMBELLE
(B-side di "Invisible Sun", Settembre 1981)

Sul retro del 45 giri appare invece uno splendido strumentale di Andy Summers basato sul suo distintivo sound di chitarra e alcune precisissime linee eseguite all'unisono dai musicisti. In alcuni aspetti, non si discosta troppo dal materiale che Summers registrerà l'anno successivo con il mitico Robert Fripp. La citazione che appare all'inizio di questo articolo è un commento di Andy Summers riferito proprio a questa B-side. Curiosità: in alcune edizioni del singolo, il titolo è erroneamente identificato come "Shamelle".


Il secondo singolo di "Ghost in the Machine", intitolato "Every Little Thing She Does Is Magic", con il precedente ha in comune soltanto il fatto di avere un sound molto inusuale rispetto a quanto i Police ci hanno abituati fin'ora, dovuto soprattutto al piano di Jean Roussel, che non ha mai convinto completamente Copeland e Summers. Il brano in sé è molto vecchio: faceva parte, come già menzionato, del repertorio degli Strontium 90 e una versione si può ascoltare sull'album "Police Academy". Comunque sia, la versione dei Police appare più matura e arrangiata meglio, e il brano viene così trasformato in un piccolo gioiellino che entra di merito al primo posto nella classifica Inglese.


FLEXIBLE STRATEGIES
(B-side di "Every Little Thing She Does is Magic", Novembre 1981)

Niente sorprese, stavolta, nel retro del singolo: secondo quanto riportato da Copeland (che ha definito il brano "vergognoso"), i Police si sono limitati a improvvisare per 10 minuti, in seguito tagliati a 3:44", al solo scopo di creare una B-side. In effetti, la musica è molto rudimentale, arricchita solo da una sovraincisione di sassofono, probabilmente ad opera di Sting stesso. Abbastanza gradevole da ascoltare un paio di volte ma, come immaginabile, niente di particolarmente illuminante.


Con "Spirits in the Material World", il terzo singolo dall'album, si continua con la ricerca di un nuovo sound, ma i risultati, questa volta sono molto meno interessanti, tanto che il singolo non entra nemmeno nella top 10. Curioso notare come, tra l'altro, nella versione in studio di questo brano, Summers sia quasi completamente assente: nei piani iniziali di Sting, non doveva neppure apparire! Comunque sia, questa volta, a differenza del singolo precedente, il vero gioiellino si trova sul lato retro del 45 giri.


LOW LIFE
(B-side di "Spirits in The Material World", Dicembre 1981)

Brano splendidamente malinconico con il solito testo di protesta di Sting e portato avanti da un immenso Andy Summers che, con il suo modo inconfondibile di suonare rende questo pezzo memorabile. Ottimo anche l'arrangiamento, quasi valzer, e l'assolo di sassofono ad opera del musicista Tedesco Olaf Kulber. Amatissima da Sting (compositore del brano), che la riproporrà nel suo album "Bring on the Night", questo brano ha sollevato qualche obiezione da parte degli altri membri del gruppo. Secondo Summers il testo era un po' troppo snob, e l'arrangiamento jazzato non aveva niente a che fare con loro, anche se con il tempo, i suoi sentimenti questo brano si sono ammorbiditi, mentre, Copeland, pur riconoscendo fin da subito l'alta caratura del pezzo e la pregevolezza del sassofono, pensava che questo brano non avesse niente a che fare con loro, per cui entrambi si ritrovarono a votare contro la sua inclusione su album. Secondo chi scrive, relegare un pezzo così ben costruito e raffinato al retro di un singolo è stata una decisione un po' bislacca, sottolineata dal fatto che su album appaiono alcune canzoni (nello specifico "Rehumanize Yourself" e "Too Much Information") che suonano come se fossero state concepite come B-side, ma d'altra parte, la prospettiva che si ha trovandosi all'interno del processo creativo di un gruppo è molto diversa da quella di un estimatore.


Passa un po' di tempo, nel quale abbiamo un tour, alcuni progetti solisti e la partecipazione ad una colonna sonora di un film ("Brimstone & Treacle", nel quale Sting compare anche come attore), contentente quattro ottimi brani in studio, tra cui la splendida "I Burn for You", e finalmente si arriva al 1983, anno di uscita di "Synchronicity", il loro quinto album in studio e, purtroppo, l'ultimo. Le tensioni interne erano infatti, diventate troppo forti per poter continuare e, a dire il vero, molta della loro carriera si è basata soprattutto su questo. Questo ha fatto in modo che la musica che ne uscisse fosse incredibilmente variegata (sebbene la maggior parte delle composizioni siano di Sting, la presenza degli altri due membri è comunque fortissima), ma anche che la fiamma si spegnesse in tempo brevissimo. Comunque sia, il singolo principale di quest'ultimo album, "Every Breath You Take", con una linea di chitarra memorabile, fa un successo strepitoso, forse anche a causa della cattiva interpretazione del testo. La canzone, non parla, infatti d'amore, ma quanto di uno stalker che perseguita la sua vittima.


Sul retro del 45 giri abbiamo un brano intitolato "Murder by Numbers", un piccolo gioiellino il cui testo descrive come poter fare un perfetto omicidio. La canzone entrerà nel mirino del televangelista Jimmy Swaggart la definirà "un'opera di Satana eseguita dai figli di Satana" ("sono stato io a scrivere quella fottuta canzone" risponderà irrisoriamente Sting). Memorabile la versione del brano di Frank Zappa con ospite Sting, improvvisata al momento sul palco dell'Auditorum Theatre di Chicago il 3 Marzo 1988 (sulla base dello standard "Stolen Moments" di Oliver Nelson) ed inclusa nel suo album "Broadway the Hardway". Il brano nella versione dei Police, comunque, non verrà incluso nell'edizione vinile di "Synchronicity", ma solo in quella CD, all'epoca tecnologia nascente, per invogliarne l'acquisto. Comunque sia, poiché l'edizione CD del disco è coeva, e il brano è apparso in qualsiasi versione dell'album da allora, va considerato a tutti gli effetti come una "album track". Ad ogni modo, alcune edizioni speciali del singolo, contengono anche altri due brani, su un 45 giri separato.


MAN IN A SUITCASE (LIVE)
TRUTH HITS EVERYBODY '83

(pubblicate all'interno del maxi singolo "Every Breath You Take" nel Dicembre 1982)


Interessante la scelta di includere una versione dal vivo di "Man in a Suitcase", brano divertentissimo di "Zenyatta Mondatta", ma comunque decisamente minore nel contesto della discografia. Questa versione dal vivo è molto più veloce e spigliata, e, forse, superiore a quella su disco.
Terribile, invece, il remake di "Truth Hits Everybody" riarrangiata come una canzone dei Police di quel periodo, ma stilisticamente incompatibile. Questo remake dà una bella lezione di stile a quei gruppi che cercano di arrangiare i loro primi brani adattandoli ad un sound attuale: le probabilità che la cosa riesca bene sono molto basse perché, anche nel caso in cui il percorso stilistico abbia portato alla maturazione di una band, molto difficilmente i criteri compositivi di tali composizioni sono gli stessi.


Come seconda scelta dell'album si ripiega sulla bella "Wrapped Around Your Finger", un buon brano arrangiato molto bene con un testo che trae ispirazioni da leggende mitologiche. Il singolo non replica il successo di "Every Breath You Take", ma raggiunge un buon ottavo posto nella classifica Inglese e vende discretamente bene anche nel resto del mondo. Curioso notare, comunque, come sia il singolo che ha sfoderato più B-side in assoluto. In Inghilterra, sul retro appare "Someone to Talk To" (composta da Andy Summers), mentre negli USA una versione dal vivo di uno dei brani più interessanti di "Synchronicity", "Tea in the Sahara". A questi due brani, va aggiunto un EP che contiene sia il brano che dà al titolo al singolo, "Someone to Talk To" e una versione inedita dal vivo di "Message in A Bottle" e "I Burn for You" tratta dalla colonna sonora di "Brimstone & Treacle". La versione live di "Tea in the Sahara", invece, apparirà di nuovo sul lato B di "King of Pain", nel 1984.


SOMEONE TO TALK TO
MESSAGE IN A BOTTLE (LIVE)
TEA IN THE SAHARA (LIVE)
(varie B-side di "Wrapped Around Your Finger", Luglio 1983)

Sebbene Summers abbia già fatto sentire la sua voce in alcuni brani dei Police ("Dead End Job", "Be My Girl - Sally", "Friends" e "Mother"), questo è l'unico in cui canta una vera parte di voce solista. Il brano, composto interamente dal chitarrista, non suona musicalmente molto diverso dai brani di "Synchronicity". Tuttavia, spesso, Sting, si rifiutava di cantare testi composti da Copeland o Summers: questo spiega perché, molti brani riportano un doppio credit; nella maggior parte dei casi il testo era stato riscritto da Sting. In questo caso, però, il testo narrava del recente divorzio del chitarrista da sua moglie e Summers non era ben disposto ad eliminarlo, per cui si vide costretto a cantare il brano. Il risultato, pur non essendo magnifico, è comunque interessante.
Poco da dire sulle versioni dal vivo di "Message in A Bottle" e "Tea in the Sahara", invece: dignitose riproposizioni non molto diverse da quella in studio, con l'unica differenza dell'assenza del fade-out.

Il terzo singolo dall'album è "Synchronicity II" (l'unica relazione con "Synchronicity I" è il titolo, ma la musica e il testo sono completamente diversi), uno dei capolavori del gruppo. A detta di Sting, il testo del brano è soltanto un tentativo di dimostrare che la vita non è caos, ma semplicemente una piccola parte di un pattern più organizzato (si parla della vita patetica di un operaio e contemporaneamente del mostro di Loch Ness).


ONCE UPON A DAYDREAM
(B-side di "Synchronicity II", Ottobre 1983)

Chiaramente uno scarto, questa è sicuramente la B-side meno bella tra tutte quelle che abbiamo citato. Scritta a quattro mani da Sting e Andy Summers, la musica è incredibilmente banale e ripetitiva ed è chiaramente un brano che non avrebbe potuto apparire se non nel retro di un singolo. Incredibile a dirsi, ma i Police stessi hanno un'opinione piuttosto alta di questo pezzo...


Dopo il tour che segue all'album, i Police decidono di ibernare il progetto per un anno. Delle due reunion del 1986, solo quella per la serie di concerti di beneficenza "A Conspiracy of Hope" va a buon fine, mentre il tentativo di incidere una compilation con vecchi brani rimodernizzati finisce terribilmente e solo un brano viene completato: "Don't Stand so Close To Me", in una versione, peraltro, abbastanza brutta, salvata solo dalla chitarra. Il progetto viene nuovamente abbandonato ma mai ufficialmente sciolto. Soltanto nel 2007, con il tour reunion mondiale (dal quale scaturirà il disco dal vivo "Certifiable") si mette definitivamente fine al gruppo dei Police: una fiamma che, consumandosi, ha donato molti frutti ma che si è bruciata decisamente troppo in fretta.



lunedì 14 ottobre 2013

Esportazioni


Siamo in un momento di crisi. E usando il soggetto plurale, non intendo certo dire che QUESTO blog è in crisi, ma che tutto il bel paese lo è: economicamente e moralmente. Per la crisi morale, c'è ancora poco da fare, e, comunque questa non è la sede giusta per parlarne. A dire il vero, non è nemmeno la sede giusta per parlare della crisi economica, ma è indubbio e oggettivo che molte cose si risolverebbero se riuscissimo ad esportare all'estero qualche prodotto di notevole fattura.

Per questo, il mio ultimo articolo di notevole fattura, riguardante le BBC session dei King Crimson sarà disponibile esclusivamente sul blog dell'ottimo Donald McHeyre e potrà, quindi, essere letto unicamente a questo indirizzo.





Buona lettura e a presto, su queste frequenze!

domenica 22 settembre 2013

Elio e le Storie Tese - Gran Teatro Geox, Padova, 21/9/2013






Questa è la sesta volta che vado a vedere Elio e le Storie Tese, e, francamente, la cosa non mi ha ancora stancato. Questo concerto è stato l'ultimo del tour organizzato per promuovere il nuovo "Album Biango" (del quale potete trovare una recensione qui); tour nel quale il mitico Sergio Conforti (alias Rocco Tanica) non era presente, a causa di altri impegni lavorativi (sostituito da Vittorio Cosma, competentissimo tastierista già membro di PFM e collaboratore storico del gruppo, nel ruolo di Carmelo). Comunque, alle altre tastiere/campionamenti, rimaneva Antonello "Jantoman" Aguzzi, personaggio che resta sempre nell'ombra, ma musicista grandioso e impeccabile.


Ogni volta che esce un nuovo album di Elio e le Storie Tese, per quanto sia di buona caratura, molti appassionati del gruppo si lamentano perché "non suona come i dischi precedenti" (invece di apprezzare la grande diversità del gruppo, ad esempio, o il fatto che alla loro età non tentino di scrivere canzoni con mentalità da adolescenti brufolosi), ma pochi altri album hanno causato un distacco così grande da parte di alcuni fan, che, banalmente e forse credendo di ricalcare l'ironia e l'irriverenza del gruppo hanno soprannominato "L'album Stango", arrivando addirittura a teorizzare che Rocco Tanica sia assente da questo tour in quanto si sia dissociato dall'album, senza considerare, però, che la sua presenza nel disco è stata comunque di notevole rilievo, con alcuni brani interamente ad opera sua. L'unico album che causò controversie simili fu "Craccracriccrecr" del 1999 (oggi considerato quasi un classico), che era reo di essere uscito dopo la morte di Paolo "Feiez" Panigada, e quindi, automaticamente, doveva essere un album minore.

Comunque sia, dal vivo, Elio e le Storie Tese sono un gruppo favoloso, in grado di trasformare anche brani tutt'altro che memorabili in vere e proprie gemme e di strappare un sorriso e un ghigno di soddisfazione anche ai fan più intransigenti. Sono sicuro che se per caso il loro album "Aspetto Critico" fosse stato reale, il tour sarebbe stato comunque degno del loro nome (per chi non lo sapesse: poco prima dell'uscita di "Craccracriccrecr", gli Elii, all'interno del loro programma radiofonico "Cordialmente" fecero sentire qualche anteprima fittizia semplicemente orrenda e impossibile da prendere sul serio, con sonorità da basi di tastiere Casio e testi demenzialmente melensi).

Il concerto, tenutosi al Gran Teatro Geox di Padova, si è aperto con l'esibizione della cantante Francesca Michielin, sulla cui performance non ho niente da dire. Sia chiaro, non perché non l'ho trovata buona o altro, ma perché, semplicemente, non ho avuto occasione di vederla: quando sono arrivato, mancavano 10 minuti all'inizio del concerto di Elio e le Storie Tese che, questa volta, non si sono fatti aspettare più di tanto, iniziando all'ora prevista dal biglietto.


La scaletta si è aperta con un brano inedito che altro non era un pot pourri di vari brani del disco (riconoscibilissimi temi da "Il tutor di Nerone" e "Complesso del Primo Maggio" tra gli altri) con una parte cantata da Paola Folli, eccellente aggiunta dal vivo che, da qualche anno, aumenta la pregevolezza delle esibizioni del gruppo: forse, la mia unica lamentela di rilievo verso "L'album Biango" è la sua assenza totale. Segue l'immortale "Servi della Gleba", con l'intramontabile "scopa nel culo" e la prova di "grande recitazione da parte di Faso" sottolineata da Elio (alla quale Faso risponde dicendo che "un attore recita una parte, lui la vive"). Dopo di questo, i due brani Sanremesi, "Dannati Forever" (con l'assolo bluesy di Davide "Cesareo" Civaschi) e "La Canzone Mononota". Riguardo a quest'ultima, Elio fa notare che "per quante critiche ci possiate fare, nessuno è bravo quanto noi a fare finta che un brano sia finito", riferendosi all'interruzione a metà pezzo che, dal vivo, viene allungata e esasperata. A questo punto, viene introdotto alle tastiere il già menzionato Carmelo che sostituisce Rocco Tanica perché "è occupato ad assistere una vecchia zia". Carmelo saluta, lamenta di essere impossibilitato a partecipare ad Amici solo perché ha 48 anni e non 16, dimostrando comunque di essere bravo ad imitare Marco Mengoni e Pino Daniele. Dopo questo simpatico intermezzo, altri brani dal nuovo album (per fare in modo che "finalmente li ascoltiate a pagamento, visto che il disco ve lo siete scaricato tutti"), nello specifico "Lampo" (durante la quale, curiosamente, tutti quelli che facevano foto hanno spento le macchinette), "Il Tutor di Nerone" "Il Ritmo della Sala Prove" (che purtroppo si riconferma una delle canzoni di Elio e le Storie Tese che apprezzo di meno in assoluto). Dopo un gradito tuffo nel passato con "TVUMDB", nella quale l'assolo originale di Feiez viene fatto risuonare dalle casse, arriva "Come gli Area", una delle migliori dell'ultimo disco, pezzo che avevo già sentito in anteprima l'anno scorso, per casualità sempre al Gran Teatro Geox. Il brano non ha subito grandi modifiche da allora e non si può che concordare con Elio quando dice che gli Area sono tutt'ora il miglior gruppo Italiano che sia mai esistito ("e tra l'altro, suonano ancora" fa notare). Si continua con l'inattesa (da parte mia almeno) "Supergiovane" con l'introduzione cambiata in stile gospel. L'esecuzione del resto del brano è standard, anche se, per questa sera, non siamo "aperitaviti", e nemmeno "Zooma Zooma Baccalà". A dire il vero non siamo niente: per una volta, il brano finisce seccamente (e devo dire che, a livello di arrangiamento, la cosa non mi dispiace affatto). Dopo che Supergiovane (alias Mangoni) ha donato i suoi poteri a Carmelo (che gli ricorda, però, che sono "50 di bocca e 100 scopare"), il gruppo si lancia in "El Pube", uno dei migliori brani dal vivo dal gruppo anche se, ieri sera, mi mancava particolarmente l'assolo di flauto finale di Elio, sostituito da una citazione che non ho ben identificato, alla quale segue l'immancabile "Discomusic",  sempre perfetta ad evidenziare la bravura della sezione ritmica costituita da Nicola "Faso" Fasani e Christian Meyer. "Siccome siete particolarmente un buon pubblico" spiega Elio "abbiamo deciso di farvi UN OMAGGIO". Questa è la brillante spiegazione per non rendere anacronistico "Complesso del Primo Maggio", non uno dei miei brani preferiti dell'ultimo album, ma comunque parecchio interessante e costruito perfettamente, che dal vivo si fa apprezzare molto di più, anche per i leggeri cambiamenti di arrangiamento e per l'esibizione perfetta. Segue "Il Rock'n'Roll", un pezzo che segna che siamo vicini alla fine del concerto. Il brano è in scaletta da qualche anno (anche se l'anno scorso non l'ho sentito), ma almeno, Christian Meyer ha cambiato l'assolo di batteria finale, come al solito grandioso; carina anche la gag con un membro della crew trafitto da una chitarra acustica lanciata da Mangoni. "Born to be Abramo", anche questo immancabile, chiude la prima parte del set, ma gli Elii presto tornano sul palco per il classico bis di "Parco Sempione" e "Tapparella".


Al termine del concerto mi posso definire decisamente soddisfatto, come al solito, ma la serata non è stata esente da critiche. Ad esempio, al posto de "Il Ritmo della Sala Prove", si sarebbe potuto inserire qualcosa da "Cicciput" o "Elio Samaga Hukapan Karyana Turu", completamente ignorati nella setlist; per una volta, si sarebbe potuta sacrificare "Born to be Abramo" per cedere il posto a "Amore Amorissimo", brano che sarebbe perfetto per uno spettacolo dal vivo, e devo dire che, sebbene sia stata in scaletta per un sacco di tempo, "Plafone" non mi sarebbe dispiaciuta affatto. Inoltre, per qualche motivo, la qualità del sonoro era decisamente bassa. Ho visto altri spettacoli al Geox e, sebbene la direzione artistica del posto sia splendida (tra i vari: Ian Anderson, Caparezza, gli America, un altro concerto di Elio e le Storie Tese...), ho sempre avuto qualche problema con l'acustica, ma ieri sera, il sonoro sembrava disturbato anche da qualche problema tecnico o, forse, un cattivo mixaggio e la cosa, purtroppo, ha influenzato parecchio il godimento del concerto. Uscendo, abbiamo notato un voucher che informava che, con i proventi dei vari concerti, tra le altre cose, il Gran Teatro Geox pensava di sostituire l'impianto audio. Che questi problemi siano quindi destinati a sparire? Speriamo, perché il posto è bellissimo e spazioso, e gli eventi che vengono organizzati sono notevoli. Infine, un'altra critica, che non riguarda il Geox o Elio e le Storie Tese e, a dire il vero, è una costante di tutti i concerti in Italia: il comportamento di una parte del pubblico. Per prima cosa, il pubblico Italiano sembra avere una sorta di "horror vacui", per cui, ogni volta che c'è una breve pausa o un momento più soffuso, cominciano urla a dismisura; senza contare poi quelli che vengono ai concerti per sentire i soliti due-tre brani, chiamandoli di continuo e disturbando il resto dello spettacolo.

Comunque sia, la serata di ieri sera è stata piacevolissima, Elio e le Storie Tese hanno realizzato un grande spettacolo, dal punto di vista musicale e teatrale, dimostrando ancora una volta di essere la cosa migliore che c'è in Italia al giorno d'oggi, in barba a chi li dà per "finiti" solo perché non ha apprezzato il loro ultimo album, e questo concerto è stato una degna chiusura di un tour. Come dicevo a inizio recensione, è la sesta volta che li vedo e non sono ancora stufo. Spero di poter assistere presto alla settima, e magari all'ottava (e così via).

Postilla: durante "Supergiovane", Mangoni, che saltava da una parte all'altra del palco, ha rischiato tantissimo. Quando ho visto Ian Anderson nello stesso teatro, a Novembre dell'anno scorso, durante una camminata all'indietro è caduto rovinosamente di schiena. Per sua fortuna, la cosa non si è ripetuta, ma i risultati sarebbero stati piuttosto divertenti se ciò fosse accaduto!


Potete leggere un'altra recensione di questo concerto, ad opera co-autore di questo blog Emanuele Brizzante, a questo indirizzo.

venerdì 16 agosto 2013

Into Deep #9 - Strange Magic: Electric Light Orchestra







Gli Electric Light Orchestra sono stati uno dei gruppi più interessanti della storia del rock, e la loro genesi è, senza dubbio, una delle più inusuali. Siamo tra la fine degli 1969 e l'inizio del 1970. Roy Wood, geniale polistrumentista, un po' pazzo, ma con grande creatività, che, in quel momento suonava la chitarra, il sassofono e il flauto con l'acclamato gruppo di rock psichedelico The Move, aveva da tempo un'idea per un gruppo rock che usasse strumenti classici, come violini, violoncelli e corni. Jeff Lynne, l'altro chitarrista e pianista del gruppo, meno pazzo ma con un ottimo gusto e abilità nel comporre melodie semplici, orecchiabili ma non banali, era estasiato dall'idea e voleva seguire il compagno nel progetto. Per molto tempo, però, tutto ciò rimase solo nella testa dei due musicisti. Le cose cambiarono radicalmente solo quando il cantante dei Move, Carl Wayne, lasciò il gruppo. In quel momento, Wood e Lynne decisero di portare comunque avanti il gruppo e di scrivere musica più avventurosa.

Nel Luglio del 1970, il gruppo stava lavorando ad una composizione di Lynne, intitolata "10538 Ouverture", un ottimo brano rock pensato come B-side di un singolo, al quale Wood decise, per esperimento, di sovraincidere circa 10 tracce di violoncello. Il sound del gruppo che tanto cercavano era appena stato creato, e, nelle loro menti, "10538 Ouverture" non avrebbe mai potuto essere relegata nell'oscuro mondo delle B-side. Da questo semplice esperimento, nacquero gli Electric Light Orchestra. Ai due si aggiunse il pianta stabile anche il batterista dei Move, Bev Bevan, mentre la parte di basso del bassista Rick Price venne cancellata e rimpiazzata da una suonata dallo stesso Wood. Con l'aggiunta di Steve Woolam al violino e di Bill Hunt al corno, si poté finalmente iniziare a lavorare al disco. Mancava un bassista, Lynne e Wood decisero di non assumerne uno, alternandosi il compito a vicende. Roy Wood, suonò, inoltre il violoncello, la chitarra acustica, l'oboe, il fagotto, il clarinetto e vari strumenti a fiato (tra cui il cromorno), mentre Lynne pensò alle parti di chitarra elettrica e di piano. Con questa formazione venne registrato il primo, omonimo album, nell'arco di un anno (tra il Luglio 1970 e il Giugno 1971). L'idea era di continuare contemporaneamente con i Move e con gli Electric Light Orchestra, ma i primi presto si dissolsero, lasciando così l'intero campo ai secondi.


THE ELECTRIC LIGHT ORCHESTRA (Harvest, Dicembre 1971)

Eccoci dunque al tanto desiderato progetto di Wood e Lynne. Si tratta senza dubbio dell'album più avventuroso dell'intera discografia, e, nonostante qualche difetto dovuto forse all'eccessivo entusiasmo, tutte  le nove composizioni dell'album sono di qualità sopraffina, per un motivo o per l'altro. Interessante notare come le due personalità dei due leader abbiano molte cose in comune, ma siano allo stesso tempo completamente diverse e distinte. Lynne firma i brani più orecchiabili, come la già citata "10538 Ouverture" e la splendidamente malinconica "Mr. Radio", probabilmente il brano migliore dell'album, mentre Wood si occupa delle cose più sperimentali, come lo strumentale "First Movement (Jumping Biz)" oppure "The Battle of Marston Moor (July 2nd 1644)", un affresco in stile barocco che narra un episodio della prima guerra civile Britannica. Entrambi, comunque, cercano di esplorare il territorio dell'altro: Wood compone anche la conclusiva, delicatissima "Whisper in the Night", mentre Lynne è autore della strana "Nellie Takes Her Bow", un brano malinconico per piano e voce che sfocia in un lungo intermezzo strumentale che cita la canzone popolare natalizia "God Rest Ye Merry Gentlemen" e dello strumentale "Manhattan Rumble (49th Street Massacre)". Completano l'album la Beatlesiana "Look at Me Now" (similissima a "Eleanor Rigby") e "Queen of the Hours", un brano dove il violoncello sembra venire usato come una chitarra elettrica. Una curiosità: l'album venne pubblicato in America nei primi mesi del 1972 con il titolo "No Answer". Il motivo di questo cambiamento è un semplice errore da parte dei dipendenti della casa discografica, che fraintesero una nota che segnalava una mancata risposta alla telefonata come il titolo dell'album.

"10538 Ouverture" viene estratta come singolo e diventa una hit, così viene organizzato un tour che non manca di vari problemi tecnici, probabilmente dovuti alla complessa configurazione scenica che richiedeva il gruppo. Il basso dal vivo viene suonato da Richard Tandy. Al termine del tour, il gruppo torna in studio di registrazione per sfornare un secondo album. Purtroppo, però, a Wood non piace la piega che sta prendendo il progetto, così se ne va, portando con sé Hunt. I due formeranno il gruppo Wizzard. I giornali, a quel punto, diedero per spacciato il progetto: in fin dei conti, l'ideatore era Wood, non Lynne, ma quest'ultimo era ben deciso a portarlo avanti. In due brani del successivo disco vennero tenute le piste di basso originali di Wood, mentre Mike de Albuquerque si occupò del resto dell'album. Bevan rimase il batterista del gruppo, Tandy passò alle tastiere e al moog, mentre Wifred Gibson, Mike Edwards e Colin Walker costituirono la nuova sezione di violini e violoncelli.


ELO 2 (Harvest, Febbraio 1973)

Per quanto Lynne sia un eccellente autore e un personaggio pieno di carisma, qualcosa è andato decisamente storto con questo album, senza dubbio alcuno che questo fosse dovuto alla repentina dipartita di Wood dal progetto. Quasi tutto l'album ha dell'ottimo potenziale e dei momenti colmi di fascino e lirismo, ma ciò che eccelle nelle composizione, viene a mancare spesso nell'arrangiamento o nell'apparente incapacità di accorciare i brani. Questo disco è, infatti, quanto più vicino al progressive rock gli ELO siano potuti arrivare, senza però avere nessuna caratteristica del genere ben definita: per questo motivo, questo album, non è un successo completo. Il disco, comunque, comincia con due note decisamente liete: "In Old England Town" (uno dei due brani del disco dove compare anche Wood, al violoncello e al basso) apre l'album con freschezza, energia e tensione e la successiva "Momma...", un'affascinante ed eccellente ballata che ha il pregio di non risultare eccessivamente ed inutilmente drammatica mantiene alti i livelli musicali. Purtroppo, il lato A dell'album si conclude con una terribile versione di "Roll Over Beethoven" di Chuck Berry , alla quale viene associata la nona sinfonia di Beethoven. Se questo brano durasse due-tre minuti, sarebbe un innocuo e forse anche divertente scherzo musicale con la funzione di alleggerire e annacquare un po' i toni, ma con i suoi otto minuti di durata, non può che considerarsi un passo falso che abbassa il livello qualitativo dell'album. La seconda facciata dell'album è, inoltre, di qualità nettamente inferiore rispetto alla prima. "From The Sun to The World" (l'altro brano dove compare Wood) accosta qualche buona idea e qualche momento di sincera ispirazione ad una costruzione un po' pasticciata e claudicante, mentre la conclusiva "Kuiama" un'interessante ballata rock con una memorabile melodia vocale, purtroppo non riesce comunque a mantenere l'attenzione dell'ascoltatore fino alla fine con i suoi 11 minuti di durata, decisamente troppi per un brano come questo. In definitiva, si tratta del classico album di transizione, dovuto ad un cambiamento di strada forse un po' forzato dalle esigenze. Un prodotto decisamente dignitoso e piacevole, ma con i suoi difetti in pieno lustro.

Una versione tagliata di "Roll Over Beethoven" una volta pubblicata su singolo ebbe un moderato successo. La scelta di pubblicare proprio questo brano su 45 giri risulta decisamente obbligata, visto che nessun altro brano del disco si sarebbe prestato bene a questo scopo, tanto più che come singolo successivo si decide di proporre un inedito, la funkeggiante "Showdown", brano che riscuote un ottimo successo di critica e di pubblico (John Lennon la definirà uno dei brani migliori degli anni '70).



ON THE THIRD DAY (Warner Bros, Novembre 1973)

Nessun cambio di formazione rispetto all'album precedente (escludendo, ovviamente, la totale assenza di Roy Wood). In effetti, alcune parti di questo album (nello specifico la seconda facciata), erano state iniziate durante le session del disco precedente. Questo spiega anche il breve lasso di tempo che è passato tra questi due dischi. L'obbiettivo finale che il gruppo si è posto, dev'essere stato esattamente lo stesso sia per questo album che per il precedente, ma la realizzazione è stata interamente diversa. "On the Third Day" risulta, infatti, un disco più studiato e più maturo, nel quale si sono tenute le nozioni vincenti del lavoro precedente e si sono scartate quelle che non funzionavano. Infatti, invece di comporre canzoni lunghe, si decide di includere sulla prima facciata del disco una suite consistente di quattro brani di durata relativamente breve uniti e cuciti tra di loro dallo strumentale "Ocean Breakup" che apre e chiude la suite e si manifesta all'interno dei quattro brani. La suite in sé è uno dei momenti migliori dell'album e dell'intera discografia. La maestosa "King of the Universe" è un logico inizio alla suite, con aria trionfante e perfetta come Ouverture, alla quale segue la malinconica "Bluebird is Dead", contenente un assolo di chitarra registrato al contrario, chiaro riferimento all'amore di Jeff Lynne verso i Beatles. Si continua con la brillante "Oh No, Not Susan" (uno dei pochi brani dell'epoca trasmessi dalla radio contenente la parola 'fuck'), quasi sicuramente il momento migliore della suite, strana e allucinata (la melodia vocale ricorda vagamente "Green is the Color" dei Pink Floyd), introdotta e conclusa da una splendida fanfara in crescendo per archi. La suite termina con "New World Rising", un brano dal sapore fantastico la cui melodia vocale risulta essere un ibrido tra i Beatles e i Queen (band che si stava muovendo i primi passi proprio in quell'anno). Il secondo lato, meno ispirato del primo, risulta comunque di livello piuttosto buono. La strumentale "Daybreaker", posta in apertura alla facciata, fa suonare questa parte dell'album come un nuovo inizio completamente non relazionato, mentre sia "Ma-Ma-Ma Belle" (altra hit) e la più complessa "Dreaming of 4000" danno un tono decisamente più rock al disco, aiutando ad alleggerire i toni (sono state registrate due versioni iniziali di questi brani con Marc Bolan dei T-Rex alla chitarra, anche se le versioni pubblicate su album non includono la sua partecipazione). Il disco si conclude in maniera un po' sfarzosa con una versione di "In the Hall of the Mountain King" di Edvard Grieg contenente anche una citazione al primo movimento della Peer Gynt Suite, che non risulta essere mediocre quanto il pasticcio di Beethoven del disco precedente, ma che comunque risulta non necessaria. Un lavoro decisamente superiore, che mostra un gruppo che in soli due anni ha saputo reinventarsi con coerenza. Purtroppo, con questo album è possibile notare per la prima volta anche la qualità tecnica non eccelsa del batterista Bev Bevan (si noti, ad esempio, il suo drumming non efficace e inadatto su "Daybreaker"). Alla versione Americana del disco (pubblicata due mesi dopo) viene aggiunto il singolo "Showdown" in apertura al secondo lato, che da lì diventerà parte effettiva dell'album.


Il successo che fino ad ora è stato moderato in Inghilterra, diventa maggiore in America, soprattutto grazie a "Showdown" e "Ma-Ma-Ma Belle". Per questo motivo, venne organizzata una tournée che viene registrata dal gruppo. Il concerto del 12 Maggio 1974 alla Long Beach Arena viene scelto per diventare il successivo album del gruppo.



THE NIGHT THE LIGHT WENT OUT IN LONG BEACH (Warner Bros, Maggio 1974) 

Questo album è più famoso per la storia che lo circonda, più che per i suoi contenuti musicali. Una volta stampato su LP, infatti, per errore viene utilizzato un mixaggio sbagliato, che rende la qualità sonora del disco decisamente scarsa, a livello di bootleg. Le vendite furono decisamente basse, e per questo motivo, fu disponibile in Inghilterra e negli Stati Uniti solo come disco d'importazione (l'unico stato che vide una release ufficiale di questo disco fu la Germania). La ripubblicazione del disco originale in Inghilterra nel 1985, ebbe come risultato un rinnovato interesse verso questo album, che finalmente venne ristampato in tutto il mondo su CD nei primi anni 90, questa volta utilizzando i master giusti, che contenevano una versione un po' più breve del disco, ma con qualità sonora superiore e da album ufficiale. Per il resto, si tratta di un documento complessivamente senza infamia e senza lode. Non mancano le scelte bislacche: il medley tra "Hall of the Mountain King" e il classico rock'n'roll "Great Balls of Fire" e la cover di "Day Tripper" dei Beatles (zeppo di citazioni classiche, quasi un cliché a questo punto) sono elementi curiosi  e molto divertenti per un ascolto, ma che rubano spazio alla suite della prima facciata di "On the Third Day", che viene purtroppo esclusa dal disco. Ci sono, comunque, anche buone versioni di "Daybreaker" e "10538 Ouverture" (contenente anche citazioni della hit dei The Move "Do Ya", che verrà reincisa dagli ELO qualche anno più tardi) e, soprattutto, un eccellente "Showdown", di gran lunga superiore alla versione in studio. Tutto sommato, un disco decente, ma che non aggiunge assolutamente niente alla discografia. Come documento dal vivo, risulta di gran lunga superiore il doppio CD "Live at the BBC" uscito nel 1999, che include concerti dal tour di "ELO 2", "On The Third Day" e "Face the Music", quest'ultimo contenente una fantastica versione della suite già citata, della quale abbiamo lamentato l'assenza su questo album.


Per l'album successivo, un concept album, Lynne decide di non limitarsi ad usare delle sovraincisioni di archi, ma di assumere una vera e propria orchestra, diretta da Louis Clark. Durante le regisitrazioni, il bassista Mike de Albuquerque lascia il gruppo, così per la maggior parte del disco, il basso viene suonato da Jeff Lynne stesso. Questo piccolo incidente a parte, le session risultano memorabili e il risultato sarà semplicemente il capolavoro di questo gruppo.


ELDORADO (Jet, Settembre 1974)


Come tutti i concept album, "Eldorado" ha una storia. In questo disco si narra di un luogo fantastico che appare ad un uomo durante un suo sogno, abitato da leggende e personaggi di vario tipo. Al risveglio, l'uomo decide che Eldorado è molto più affascinante della sua realtà, e cerca di ritornarci. Un finale abbastanza negativo e atipico per questo genere di concept album. Comunque sia, si tratta di un lavoro straordinario, sicuramente il migliore fino ad ora e probabilmente il migliore dell'intera discografia. Se la cornice e l'aggiunta di un'orchestra vera rendono l'apparenza di quest'album un po' pomposa, la qualità compositiva delle canzoni è innegabile. Il lato A si apre con l'Ouverture, un tema affascinante, forse un po' sfarzoso, con narrazione, che apparirà qua e là durante il disco. Si segue senza soluzione di continuità (l'unica interruzione presente nell'album è tra le due facciate) nella malinconica "Can't Get It Out of My Head", un'eccellente ballata. Un intermezzo di raccordo, che comparirà anche in altri punti dell'album, introduce l'ottimista e allegra (ma con un velo di malinconia) "Boy Blue", senza dubbio uno dei brani più belli dell'album, dal ritornello irresistibile e una costruzione pressoché perfetta. La maestosa "Laredo Tornado" rallenta l'atmosfera, anche qua con un ottimo ritornello e un'aria di disperazione e malinconia unica. Chiude la facciata l'esplosiva "Poor Boy (The Greenwood)", con ottime armonie vocali e con brevi reprise dei temi dell'album, per dare un senso di continuità. Il lato B si apre con "Mister Kingdom", brano che deve moltissimo alla Beatlesiana "Across the Universe", che però riesce ad avere la sua personalità grazie ad un ritornello memorabile e ad un crescendo finale mozzafiato. Il climax del brano precedente viene saggiamente smorzato da un raccordo musicale che introduce "Nobody's Child", brano deliziosamente retrò. Con il rock'n'roll di "Illusions in G Major", si riduce al minimo la tensione e si riprende un po' di fiato per poi entrare nella title-track del disco, altro brano epico e maestoso, con una splendida prova vocale di Lynne. Infine, si arriva al Finale del disco, che altro non è che una ripresa dell'Ouverture, che chiude l'album così come era iniziato. Un disco che sposa benissimo le atmosfere romantiche e maestose della musica classica con un rock intelligente e ben studiato degli anni '70. Uno di quei dischi che devono essere ascoltati da ogni amante e studioso di rock classico.


Sebbene in Inghilterra il disco ottenne un ottimo successo di critica, non vende moltissimo e ancora una volta gli Stati Uniti si rivelano i principali alleati del gruppo, anche se mancano di un sound Americano. In particolare "Can't Get it Out of My Head", pubblicata come singolo, diventa un grande successo. Al basso viene reclutato Michael "Kelly" Groucutt, diventato nei cuori dei fan il bassista classico del gruppo e il violocellista Melvyn Gale sostituisce Mike Edwards.



FACE THE MUSIC (Jet, Settembre 1975)

Altro eccellente album, quasi ai livelli del precedente. Questa volta, però, non abbiamo più di fronte un concept album e si torna alla forma canzone. L'apertura, comunque, è affidata ad un altro brano maestoso, "Fire on High" strumentale composto da una introduzione inquietante e due sezioni diverse tra di loro, ma ugualmente potenti e drammatiche. Anche grazie ad un messaggio registrato al contrario a inizio brano (negli anni 80, gli ELO saranno uno di quei gruppi accusati di satanismo e di messaggi subliminali dai fanatismi cristiani, accuse alle quali Lynne risponderà in maniera intelligente, ma alla quale arriveremo più tardi), il brano diventa uno dei più popolari del gruppo, nonostante non sia mai stato pubblicato come singolo (se si esclude una fugace e tardiva apparizione come B-side nel 1978). "Waterfall" è il brano lento più riuscito degli ELO, con una melodia vocale mozzafiato, soprattutto nel ritornello, che contiene una delle migliori prove vocali di Lynne. "Evil Woman", brano semplice e d'impatto e molto ballabile e l'epica "Nightrider", brano dalla strofa memorabile e con una strofa cantata dal nuovo bassista Groucutt, concludono la prima parte del disco. Il lato B si apre con "Poker", un pezzo che suona vagamente punk, ma che non può esserlo per la presenza dei violoncelli, la parte vocale molto controllata e la sezione centrale melodica. "Strange Magic" è un'altra ottima ballata, e "Down Home Town" è un leggero divertissment country. Il disco si chiude, purtroppo, con un anticlimax, la lunga "One Summer Dream" che vorrebbe essere atmosferica, ma che risulta più che altro prolissa, unica pecca in un album altrimenti eccellente e senza macchia (a dire il vero l'altra pecca è, purtroppo, la debolezza e la scarsa inventività del drumming di Bev Bevan, notabile soprattutto su "Fire on High" e su "Poker", brani nei quali Bevan riempie ogni momento di vuoto con una rullata, spesso senza gusto).


Ancora una volta, le vendite eccellono di più negli Stati Uniti che in Inghilterra (anche se, per la prima volta, due singoli raggiungono stabilmente la top 10: "Evil Woman" e "Nightrider"). E' chiaro ormai che, quindi, gli ELO devono puntare molto di più sul pubblico Americano che su quello Inglese. "Face the Music" uscì in America due mesi prima che in Inghilterra, ma questo non basta. Il sound viene così quindi Americanizzato, cosa che permetterà agli ELO di ampliare ulteriormente il loro successo nella loro nuova patria, ma che farà perdere l'ottima vena creativa e il sound che avevano reso album come "On the Third Day", "Eldorado" e "Face the Music" così unici e così belli. Il successivo album viene così studiato a tavolino e commercializzato appositamente per gli Stati Uniti (anche se comunque, otterrà discreto successo anche in Inghilterra) e viene anche creato un logo speciale per il gruppo, che comparirà in tutti gli album da qua in poi. Il risultato sarà un disco professionale e tecnicamente solido, che riscuoterà un grande successo in America, ma che artisticamente risulterà molto inferiore agli ultimi lavori, mancando di quella creatività e passione che era possibile trovare nei dischi degli ELO fino a questo punto.


A NEW WORLD RECORD (Jet, Settembre 1976)


Come appena detto, si tratta di un lavoro studiato appositamente per accattivarsi ulteriormente le simpatie del pubblico Americano. Il risultato è senza dubbio molto professionale e non c'è un brano veramente brutto sull'album (a parte l'orrida "Rockaria", bislacco tentativo di mischiare rock'n'roll all'opera, che sarà l'unica hit Inglese del disco). Ecco quindi che l'album pullula di brani molto orecchiabili, da cantare tutti in coro, come "Tightrope""So Fine""Do Ya" (un singolo dei The Move, il gruppo precedente di Jeff Lynne, scritta da Lynne stesso) e "Livin' Thing", grandi successi, brani rispettabili, scritti e arrangiati bene, a volte anche di ottima qualità (come nel caso di "So Fine"), ma che sarebbero stati considerati materiale inferiore nei dischi precedenti. Mancano infatti cose veramente memorabili: sebbene "Telephone Line" sia stato un singolo di enorme successo negli Stati Uniti (tanto da certificargli un premio d'oro), questa ballata non è minimamente paragonabile a capolavori come "Waterfall", "Can't Get It Out of My Head" e "Bluebird is Dead". In effetti, gli unici due brani che risultano compatibili con quanto pubblicato finora sono "Mission (A New World Record)" e la conclusiva "Shangri-La", che risentono ancora delle atmosfere di "Face the Music" e che non avrebbero affatto stonato in quell'album. Si tratta comunque di un disco importante, perché è stato il primo a certificare bene il successo degli ELO in America e a lanciarli definitivamente oltreoceano, e perché rappresenta l'inizio della seconda fase della carriera del gruppo, ma che  risulta molto più forzato e inferiore comparato a quanto pubblicato fino ad ora. Ad ogni modo, generalmente è ancora possibile sentire il sound classico degli ELO, cosa che non si potrà più dire tra qualche tempo, ed è comunque un buon album sul quale si può tornare più di una volta senza troppo imbarazzo.


Viene organizzato un tour in America, che riscuote ottimo successo di pubblico e di critica. Con questa nuova carica, e con questo successo di critica e di pubblico enorme che improvvisamente cominciano a riscuotere, gli ELO si convincono di essere sulla strada giusta e si affrettano a tornare in studio di registrazione, questa volta per sfornare addirittura un doppio album, cercando di sposare questa nuova direzione con le intenzioni originali del gruppo, per cercare di non perdere coerenza.



OUT OF THE BLUE (Jet, Ottobre 1977)

La domanda spontanea, fin dal primo ascolto, è se fosse veramente necessario che questo album uscisse in doppio LP. Sebbene sia un buon lavoro, probabilmente superiore a "A New World Record", non c'è molta diversità. La cosa che sicuramente ha colpito di più l'occhio dei fan è stata l'aggiunta di una nuova suite, che occupa l'intera terza facciata dell'album, intitolata "Concerto for a Rainy Day". Divisa in quattro parti, si inizia con "Standin' In The Rain": brano molto interessante con un'introduzione abbastanza inquietante (e qualche effetto sonoro) che non si discosta molto da certe sperimentazioni strumentali dei primi tempi, ma che in definitiva risulta forse un po' sgualcito dalla melodia vocale. La seconda parte, "Big Wheels", è anche la meno interessante: si tratta di una discreta ballata che cerca di ricreare le atmosfere di "Waterfall", senza riuscirci; molto meglio la successiva "Summer and Lightning", perfetta a ricreare le atmosfere temporalesche, nonostante un discutibile break che ricorda un po' "Louie Louie" di Richard Berry. La suite viene conclusa da "Mr. Blue Sky" che, pubblicata come singolo, diventa una delle più grandi hit del gruppo e risulta divertente e leggera, anche se un po' appesantita dalla parte finale.  Insomma non si può parlare di una "Eldorado" in miniatura e non la si può nemmeno paragonare alla "Ocean Breakup" suite di "On the Third Day", ma rimane comunque di buona fattura. Il resto del disco risulta migliore di "A New World Record" in quanto, perlomeno, si è cercato di dare un senso artistico al materiale, senza farlo apparire come un semplice lavoro artigianale usa e getta. Abbiamo quindi brani come "Night in The City", introdotta da degli effetti sonori, un buono brano la cui parte finale ricorda la coda di "You Never Give Me Your Money" dei Beatles, il duo "Believe Me Now" e "Steppin' Out", due brani collegati che insieme formano una delle ballate più strane mai composte da Lynne, "Sweet is the Night" e "Starlight" due brani con una melodia a la McCartney, quest'ultima vicina alla discomusic che sarà protagonista del prossimo album, "Birmingham Blues" fresca, energica e divertente, la discreta "Turn to Stone", molto simile a "Tightrope" e "The Whale" uno strumentale atmosferico molto interessante, rovinato dall'uso del vocoder. Sull'altro versante abbiamo "Wild West Hero", brano diviso in due sezioni carine ma che non si sposano bene tra di loro, "It's Over", tentativo farlocco di creare una ballata come quelle classiche e "Jungle", forse il brano più stupido e brutto degli Electric Light Orchestra registrato fino ad ora. Si tratta di un disco professionalmente buono e probabilmente il migliore di questa seconda fase del gruppo, ma non il capolavoro che potrebbe apparire esteriormente.


Dopo due anni di tour, che esasperano Jeff Lynne, il gruppo torna in sala di registrazione per un altro album, ma stavolta il trio di archi, nello specifico Mik Kaminkski, Hugh McDowell e Melvyn Gale, vengono licenziati, in quanto ritenuti non indispensabili al nuovo sound del gruppo. Questo significa che, ormai, l'Electric Light Orchestra non è più un'orchestra (anche se dei session man condotti da Louis Clark vengono assunti per argomentare un po' il sound del gruppo) e il progetto ha preso una piega distante anni luce da quella che aveva a inizio progetto.


DISCOVERY (Jet, Maggio 1979)

Poco da dire su questo album, purtroppo, se non che sembra essere stato studiato a tavolino per poter fare più singoli di successo possibli. Non a caso, cinque brani su nove ("Shine a Little Love", "Don't Bring Me Down", "Last Train to London", "Confusion" e "The Diary of Horace Wimp") escono su 45 giri e diventano tutti grandi successi. Delle cinque, l'accattivante "Last Train To London" e la Beatlesiana e divertente "The Diary of Horace Wimp" sono le migliori e le uniche che sopravvivono a più di qualche ascolto sporadico. Il resto dell'album è composto da brani che servono ad allungare la durata dell'album, per giustificarne l'uscita in LP e non in EP. Non è difficile quindi pensare a cosa passasse per la mente di Lynne ormai: l'orchestra che non è più un'orchestra, composizioni studiate per essere di gradimento al pubblico, vicinanza perpetua verso le nuove mode e tendenze, brani singolo studiate al minimo dettaglio ma resto del disco decisamente riempitivo, ecc ecc. Insomma, pare che ormai gli ELO siano diventati una macchina da soldi, un progetto matematico, ben studiato, ma non sincero e artisticamente poco interessante. Certo, potrebbe essere molto peggio, ma questo è un album che si ascolta per divertimento una o due volte e poi si accantona. Inoltre, pessimo il continuo uso del vocoder e il suono dei sintetizzatori (si ascolti l'inizio di "Midnight Blue", in grado di fare esplodere i timpani ad un'intera città).


Anche se la mania verso gli ELO dilaga sempre di più, Lynne non sembra essere del tutto soddisfatto, forse perché conscio del calo compositivo degli album,  forse per lo stress, ma decide di non organizzare un tour per promuovere "Discovery". Al suo posto, vengono girati alcuni video promozionali per i singoli. Tuttavia, nel caso non si vada in tour, bisogna comunque lavorare per tenere in attività il gruppo. Ecco quindi che Lynne riceve un'offerta di lavoro da parte dei produttori di un musical, con protagonista Olivia Newton-John, intitolato "Xanadu".


XANADU (Jet, Agosto 1980)

Il film è brutto. Decisamente, e senza possibilità d'appello, oggi appare come una testimonianza del kitsch e delle mode passate di un tempo che se n'è andato. Il lato A di questo LP è formato da canzoni di Olivia Newton-John e a noi non interessa. Il lato B, interamente degli ELO, purtroppo offre comunque poco o nulla di interessante. Le sonorità ormai sono decisamente e irreversibilmente cambiate, le composizioni laccate e fredde, le melodie non molto interessanti. Le prime tre canzoni non sono specialmente brutte, ma non lasciano niente di che: letteralmente, entrano da un orecchio ed escono dall'altro. Le ultime due, invece, si fanno notare ma, purtroppo, lo fanno per la loro bruttezza: "All Over The World" è la classica canzone cantata in coro, allegra, spensierata, con sintetizzatori e, onestamente, insopportabile. La title-track (unica hit degli ELO a raggiungere il primo posto in Gran Bretagna) non sarebbe specialmente brutta (ma nemmeno specialmente bella), ma la partecipazione vocale di Olivia Newton-John, che con gli ELO non c'entra assolutamente niente: vocalmente o stilisticamente, la rende assolutamente odiosa, soprattutto nel ritornello. Un lavoro brutto, datato e dimenticabile che testimonia quanto prodotti del genere invecchino male col tempo.


Con il successo crescente del gruppo (e ancora una volta senza un tour), Jeff Lynne torna in studio di registrazione per un secondo concept album, molto diverso da "Eldorado". La formazione è la stessa, ma i brevi interventi orchestrali questa volta sono condotti da Rainer Pietsch e non più da Louis Clark.



TIME (Jet, Luglio 1981)

Questo album, in tipico stile fantascientifico di quegli anni,  narra della storia di un uomo che, dal 1981 si trova di colpo catapultato nel 2095, e dei suoi tentativi di tornare indietro nel tempo. Questa volta, forse perché provvisto di un po' di coerenza dovuta al fatto che si tratta un concept, però, l'album risulta abbastanza buono, con brani degni di nota e una produzione tutto sommato pulita e cristallina (nonostante l'orrendo suono di sintetizzatore e il solito uso spropositato di vocoder). Non si tratta di un capolavoro, ed è inferiore anche a album come "A New World Record" e "Out of the Blue", ma c'è solo un episodio mediocre ("Hold on Tight"). Per quanto riguarda il resto dell'album, è popolato da brani memorabili come "Yours Truly, 2095", "Here is the News" e il singolo "21st Century Man". "Twilight" è il brano più famoso del disco, e forse è anche il migliore, molto intenso e ben scritto, e molto degne di nota sono anche le quasi strumentali "Another Heart Breaks" e "Epilogue" che contribuiscono a dare un sapore di diversità al disco. Nonostante sia un concept album, non c'è quasi niente di progressive qua, e perlopiù si tratta di un album di synth pop, ma è synth pop intelligente e di buona fattura e non semplice prodotto usa e getta. Certo, non si tratta di "Eldorado", ma le impressioni finali sono senza dubbio positive ed è un album per niente banale, nonostante la storia del concept, un po' abusata.


Per la prima volta in due anni, un tour viene finalmente organizzato, con la solita line-up, ma con l'aggiunta di Clark alle tastiere e del session man Dave Morgan ai cori e alla chitarra acustica. Le cose sembrano andare bene per il gruppo, ma a questo punto si aggiunge una nota stonata che colpisce più o meno tutti gli artisti di quell'epoca. In questo periodo, infatti, comincia una battaglia contro i cosiddetti messaggi subliminali che sarebbero facilmente rilevabili ascoltando l'album al contrario. Tra i vari artisti che cadono a questa mania (inutile, ridicola e diffamatoria), ci sono anche gli Electric Light Orchestra, la cui "Eldorado" conterrebbe un'ode a Satana se ascoltata al contrario. In realtà non si tratterebbe che di pareidolia, ovvero la capacità subcosciente di riconoscere forme familiari all'interno di una struttura casuale, in parole povere, di riconoscere volti o altre immagini simili all'interno di venature, oppure, appunto, di riconoscere messaggi sensati ascoltando una registrazione al contrario e in questo caso nemmeno di pareidolia di alto livello. L'autore Inglese William Poundstone, nel suo libro "Big Secrets" dedica un capitolo al discorso pareidolia/"messaggi subliminali", e cita l'esempio di "Eldorado" come un messaggio nemmeno facilmente riconoscibile e in metrica con la musica associata. Se da un lato è pur vero che, comunque, gli ELO hanno sempre usato nastri al contrario come effetti, dall'altro è anche vero che nessuna delle cose riprodotte al contrario ha un contenuto satanico e che, comunque, è dimostrabile scientificamente che anche se fosse, non avrebbe alcun effetto sulla psiche umana. La reazione di Lynne a questo fu abbastanza divertente. Inizialmente, si limitò a definire queste cose "etazzac" ("skcollob"), in seguito decise di dedicare l'intero prossimo album a deridere questo fenomeno. Per la realizzazione, Louis Clark viene reclutato di nuovo come direttore d'orchestra, Morgan incide qualche coro e il vecchio compagno d'avventure Mik Kaminski suona un assolo di violino. Inizialmente, l'album seguente, intitolato "Secret Messages" sarebbe dovuto uscire come doppio LP, ma la casa discografica si oppose al progetto, dichiarandolo troppo costoso e viene così tagliato e ridotto ad un LP singolo.


SECRET MESSAGES (Jet, Giugno 1983)

Sulla falsariga di "Time", "Secret Messages" continua la strada appena interrotta, con un pop non troppo laccato e di buon livello, non interessante come il disco precedente, ma decisamente gradevole e piacevole, con una produzione buona e, stavolta, suoni di sintetizzatore tollerabili. Sebbene non manchino brani discutibili ("Time after Time", "Four Little Diamonds" e "Rock'n'Roll is King", la cui unica attrattiva sta nella curiosa presenza di Kaminski al violino), pezzi come la title-track, "Loser Gone Wild", "Danger Ahead", "Train of Gold" (contenente qualche elemento che fa tornare alla mente i tempi di "Face the Music") e "Stranger" risultano molto piacevoli e apprezzabili. Anche gli effetti sonori sono molto interessanti, soprattutto le voci al contrario disseminate nell'album, che sono allo stesso tempo inquietanti e umoristiche (conoscendo il motivo per cui sono state inserite). Magari non c'è molto da dire su questo album e magari non è essenziale, ma non è certo un'aggiunta fastidiosa alla vostra collezione di dischi nel caso decidiate di acquistarlo.


Lynne, sempre più stressato e non interessato all'attività dal vivo, decide anche questa volta di non fare un tour per questo album. Non solo, ma il bassista Kelly Groucutt, con loro da "Face the Music" e ormai divenuto una presenza tangibile nel sound del gruppo, viene licenziato. Groucutt, a questo punto, fa causa legale contro Lynne per mancato pagamento di royalties (e vince). Per questo motivo, Jeff per qualche anno mette in ibernazione il progetto ELO. Nel 1986, la formazione, ormai ridotta ad un trio (consistente da Jeff Lynne, che, come nel primo album e in "Eldorado" suona anche il basso, Richard Tandy e Bev Bevan), senza nemmeno più un'orchestra che argomenta le composizione, incide quello che sarà l'ultimo album per 15 anni, soltanto per adempiere alle esigenze di contratto. La svogliatezza e la stanchezza, come immaginabile, sono alle stelle e nel risultato finale si percepisce non poco.



BALANCE OF POWER (Jet, Marzo 1986)

Come già detto, si tratta di un album preparato appositamente per adempiere a obblighi contrattuali, senza nessuna voglia da parte del gruppo di parteciparvi veramente e quindi, con il minimo impegno. Purtroppo, la cosa è abbastanza evidente: sia nella produzione, che nella composizione, che nell'esecuzione, che, addirittura, nella copertina questo è l'album più spento e impersonale del gruppo. Con questo non si vuole dire che sia suonato male o che sia prodotto male, ma che semplicemente non abbia niente di distintivo o di memorabile. "Heaven Only Knows" apre il disco in maniera blanda e poco interessante, e così si continua per tutto l'album, con una parziale eccezione di "Sorrow About to Fall", grazie al sassofono di Christian Schneider, che le dà un suono inusuale, fino ad arrivare alla conclusiva "Send It", uno dei brani più brutti degli ELO. Il disco è il più breve della discografia (34 minuti), ma è così noioso e vuoto che è come se fosse il più lungo. Un brutto episodio, da dimenticare, che chiude la discografia classica in maniera triste e grigia.


Stranamente, per questo album viene organizzato un tour in Europa, ricevuto in maniera abbastanza entusiasta, con una comparsata di George Harrison in qualche data, ma è chiaro che Lynne ormai ha perso interesse nel progetto e annuncia la decisione di non voler più continuare. Bevan, non rassegnato, un paio d'anni più tardi chiede a Lynne di registrare un nuovo disco, ma questo declina. A questo punto, Bev decide di andare avanti da solo, ma Lynne non è d'accordo che usi il nome Electric Light Orchestra. Per questo motivo, da adesso in poi, Bevan comincia un nuovo gruppo chiamato Electric Light Orchestra Part II reclutando ex membri del gruppo, e pubblicando due dischi (a mio parere poco interessanti e che non analizzeremo qua, poiché si tratta di un gruppo diverso) con nuovo materiale. Nel 1999, Bevan abbandona questo progetto che da lì in poi si tramuterà in The Orchestra.


Dopo aver pubblicato qualche disco solista e fatto varie collaborazioni (soprattutto con gli ex-Beatles), Jeff Lynne, per qualche motivo, nel 2001 decide di fare uscire un nuovo prodotto a nome Electric Light Orchestra. Bevan non è presente, per la prima volta, e nella maggior parte dei brani Lynne suona tutti gli strumenti, ma ricompaiono i violoncelli e comparsano nel disco l'ex ELO Richard Tandy e due degli eroi di Lynne: Ringo Starr e George Harrison (una delle sue ultimi incisioni prima della morte).



ZOOM (Epic, Giugno 2001)

OK, magari non si tratta di un lavoro degli ELO vero e proprio, visto che Lynne suona tutti gli strumenti, anche se non bisogna dimenticarsi che il 98% dei brani degli Electric Light Orchestra sono stati scritti e arrangiati da Jeff Lynne e che senza di lui non si può parlare di Electric Light Orchestra (proprio per questo il gruppo di Bev Bevan si chiama ELO pt.II), ma è certamente molto meglio di quasi tutto quello che è stato pubblicato dal 1980 in poi. Il disco suona fresco e entusiasta, il contrario di "Balance of Power", e offre un nuovo finale alla discografia, più energico, allegro e ottimista. Ecco quindi che spuntano ottimi brani rock come "State of Mind" (dal riff potentissimo), "Easy Money", "Alright", "Melting in the Sun" e ballate convincenti come "Moment in Paradise", "Just for Love", "Ordinary Dream" e "A Long Time Gone". Questo disco non è esente da difetti: ad esempio, la produzione non è eccelsa, e complessivamente suona un po' monotono, ma sono facilmente sopportabili. Per quanto sia brutto dirlo, l'assenza di Bevan non si nota molto: né batteristicamente (e qua, purtroppo, si conferma quanto ho detto prima), né a livello di imput creativo (per quanto Bevan non ottenga molto credito, sicuramente ha contribuito a più di una cosa: in fin dei conti, assieme a Lynne, è stato l'unico ad aver vissuto l'intera epoca storica del gruppo), segno che Lynne è in grado di fare tutto perfettamente da solo (ma magari non di ricreare capolavori come "Eldorado" o "Face the Music").


Un tour, con Richard Tandy e Matt e Greg Bissonette nella line up, viene programmato, ma solo una data viene effettivamente fatta e il resto del tour viene inspiegabilmente cancellato, forse per scarse vendite. Con questo, il progetto viene ibernato ancora una volta, per più di 10 anni. Proprio quest'anno (2013) e l'anno scorso, l'interesse verso gli ELO si è timidamente riacceso, e stanno uscendo remaster e compilation varie. Non abbiamo mai analizzato nessuna compilation, in quanto nessuna conteneva inediti, ma ce n'è almeno una che vale la pena prendere in considerazione.



MR. BLUE SKY: THE VERY BEST OF ELECTRIC LIGHT ORCHESTRA (Frontiers, Ottobre 2012)

Non si tratta di un disco vero e proprio, ma ogni brano di questo best of è stato reinciso dal solo Lynne (che suona tutti gli strumenti, in maniera anche abbastanza egregia) e questa differenza è tale da renderlo considerabile valido e degno di analisi come un live album. Secondo Jeff Lynne, queste versioni dei brani sono superiori agli originali. Chiaramente no, ma è bello sentire queste alternative e constatare che non sono molto differenti dalle versioni sugli album. La voce di Jeff Lynne non è cambiata minimamente, forse leggermente più sofferta nelle note più alte, ma comunque incredibilmente somigliante alla voce che aveva 40 anni prima. A fine album, come premio, troviamo anche l'inedita "Point of No Return", un buon rock simile a quelli di "Zoom". Questa compilation è un sampler perfetto per chi vuole avvicinarsi alla musica degli ELO, perché rappresenta fedelmente gli originali senza sostituirli. Anche la scaletta è interessante, incentrata maggiormente sul periodo d'oro del gruppo.



Probabilmente, adesso il capitolo Electric Light Orchestra è chiuso, a meno che Lynne e Bev Bevan non decidano di riunirsi e fare qualcosa insieme (Kelly Groucutt è tragicamente scomparso nel 2009), ma le probabilità sono estremamente basse, a quanto pare. In definitiva, si tratta di una band molto interessante, che nel suo primo periodo ha inciso dischi assai belli e innovativi che non mancavano di melodie brillanti e perfettamente orecchiabili. Anche il periodo più commerciale del gruppo è rispettabile sotto molti punti di vista, anche se non molto soddisfacente. Jeff Lynne è senza dubbio un musicista con grande senso melodico, in grado di scrivere melodie brillanti e che, quando è entusiasta di partecipare a un progetto, è in grado di offrire grandi cose.