domenica 10 febbraio 2013

Into Deep #7 - Innovazioni in una casa per le bambole





Chi pensa che la corte del re Cremisi abbia introdotto il rock progressivo nella storia della musica, dovrà ricredersi all'ascolto della musica all'interno di una casa per le bambole. Detto, in termini più umani, spesso si sente dire che "In The Court of the Crimson King" dei King Crimson (ovviamente), uscito nell'Ottobre del 1969, sia stato il primo vero album progressive rock della storia della musica. Per quanto questo album sia un capolavoro, infinitamente bello e infinitamente influente e innovativo, un ascolto a "Music in a Doll's House", il primo album dei Family, altrettanto bello e uscito 15 mesi prima, nel Luglio del 1968, sfata immediatamente questo mito. I Family sono stati, infatti, uno dei gruppi più importanti della fine anni 60/inizio anni 70, e, sebbene all'epoca fossero uno dei gruppi più amati in patria (con personaggi come Peter GabrielIan Anderson e John Peel avidi sostenitori della band), abbiano registrato la bellezza di 26 BBC sessions (un record che, personalmente, ho visto battuto solo dai Beatles) e abbiano avuto al loro interno vere e proprie leggende musicali come Roger Chapman, Ric Grech e John Wetton, oggi risultano un nome sconosciuto dalle masse e conosciuto, più che altro, dagli estimatori di questo particolare tipo di musica.

I Family sono nati a Leicester più o meno a fine 1966, dalle ceneri del gruppo R&B The Farinas. I membri di questa prima formazione erano il cantante Roger Chapman (dotato di un timbro particolarissimo e inimitabile che, in alcuni casi, può essere a primo ascolto indigesto ma, in realtà, eccellente e assolutamente unico), il chitarrista John Whitney (detto Charlie) che, insieme, rappresentavano la vera mente del gruppo, il polistrumentista Ric Grech al basso e al violino, il fiatista Jim King (dotato, anche lui, di una interessante voce, spesso usata per dei particolarissimi cori) e, infine, il batterista Harry Ovenall. Questa formazione pubblica, nell'Ottobre del 1967, il suo primo 45 giri, intitolato "Scene From The Eye of a Lens", un interessante brano che, nonostante sia legato alle sonorità tipicamente psichedeliche dell'epoca, non pecca certo di banalità (il lato B, "Gypsy Woman", è un gradevole e trascinante rock blues guidato dalla cassa di batteria di Ovenall e dalla voce di Chapman).


Poco dopo la pubblicazione del singolo, Ovenall esce e viene rimpiazzato dal formidabile Rob Townsend, batterista seminale che ha influenzato nomi come Phil Collins, Michael Giles e John Mayhew. Il gruppo viene quindi messo sotto contratto dalla Reprise Records e a inizio 1968, comincia ad incidere il suo primo album. Inizialmente, il ruolo di produttore era affidato a Jimmy Miller, che però, preso abbandona per accettare l'offerta dei Rolling Stones di produrre il loro album "Beggar's Banquet". Viene quindi sostituito da Dave Mason dei Traffic, che si dimostrerà essenziale per la produzione dell'album, contribuendo a diversi arrangiamenti, suonando il mellotron e addirittura scrivendo un brano. Come già citato, quindi, nel Luglio del 1968 esce finalmente il prodotto finito, intitolato "Music in a Doll's House". Una curiosità: nello stesso periodo, doveva uscire un album dei Beatles intitolato "A Doll's House". I quattro baronetti Liverpooliani, però, in seguito all'esistenza di questo disco, cancellarono il titolo dell'album, lasciando solo il nome del gruppo sulla copertina. Si tratta, ovviamente, di quella bellissima opera che viene volgarmente chiamata "white album". Tutti i brani del disco sono stati composti da Chapman e Whitney, tranne dove indicato.


Side A:
(17:10)




The Chase (2:13)

Siamo all'interno della casa di bambole e l'atmosfera è, come previsto, già tutt'altro che amichevole. L'album inizia, infatti, con un brano che parla di una persona che pensa di essere pedinata. L'apertura del brano è affidata ad un'inquietante melodia vocale affidata al doppio canto di King e Chapman che lascia spazio al vibrato caprino di quest'ultimo. Una sezione centrale dominata dai fiati e dalla frenetica batteria jazzata di Townsend dà l'idea dell'inseguimento, mentre alcuni cori e fiati dissonanti sparsi per il brano danno l'idea dell'inquietudine causata dall'inseguimento. Eccellente il finale con un fade out in progressiva accelerazione che sfocia, senza soluzione di continuità, in...

Mellowing Grey (2:47)

Il brano è più quieto del precedente, con chitarre acustiche, mellotron, violini e campanelli a girare completamente l'atmosfera. Se la frenesia, però, se ne andata, l'inquietudine non l'ha fatto. L'interpretazione vocale di Chapman è assolutamente malinconica e inquieta, quasi apocalittica. Ciò nonostante, questo brano aiuta a riprendersi un po' dal violento morso che ci è stato dato subito in apertura all'album.

Never Like This (2:18)

Composta dal produttore Dave Mason, "Never Like This" è un brano essenzialmente pop con atmosfere blues, tipico dell'epoca. Se la composizione non è geniale, lo è l'arrangiamento, che mischia sapientemente l'armonica di Chapman con il violino di Grech. Tutto sommato, un buon brano, non tra i migliori del disco, ma che sicuramente ha il suo spazio. Roger Chapman, comunque, pare non essere della stessa opinione. Sul suo sito, rispondendo ad un fan dichiara che "la canzone di Dave Mason non è stata scritta specificatamente per il disco, credo che fosse qualcosa che aveva lì. A dire il vero, mi sono lamentato aspramente di quel brano, lo odiavo e pensavo che fosse una canzone orrenda che non aveva niente a che fare con noi o le nostre idee. Penso che i Traffic fossero della stessa opinione, probabilmente il vero motivo per cui aveva lì quella canzone. Ma, ovviamente, i manager sono i manager!".

Me My Friend (2:01)

Il tema del brano è affidato alla tromba di Jim King e la voce solista in questo brano è affidata a Ric Grech, che canta le strofe, mentre Chapman si limita a cantare il ritornello. Sebbene il brano sia di fattura molto buona (da notare il contrasto tra la voce calda e rassicurante di Grech e quella paranoica e psicotica di Chapman), questo è uno dei pochi casi dove la produzione di Mason non beneficia affatto. L'intero brano è, infatti, manipolato tramite l'uso di phasing e flanger. Il risultato è qualcosa di tipicamente legato all'epoca che oggi suona inevitabilmente datato. Nel fade-out, il brano si scontra violentemente con uno dei tre intermezzi inseriti nel disco.

Variation on a theme of "Hey Mr. Policeman" (:25)

Meno di 30 secondi, ma piuttosto intenso. Si tratta di una variazione di un brano presente sul lato B e sembra essere un'estratto di una frenetica jam, nella quale spicca il drumming di Townsend. Bello, chissà se ne esiste ancora una versione completa (o se è stato registrato altro oltre a questo breve frammento).

Winter (2:26)

"Il tempo di Inverno mi tiene giù di morale, vento gelido e neve per i marciapiedi", si lamenta Chapman. Nonostante tutto, però il brano risulta abbastanza rassicurante e pacato. Pianoforte, violino e tromba sono la ricetta di un ottimo brano riposa orecchie, il cui unico elemento inquietante è il controcanto di King, udibile solo tramite riverbero durante le strofe. Nel fade out, suoni di bufera.

Old Songs New Songs (4:18)

Dominato dall'armonica di Chapman, "Old Songs New Songs" è il classico brano dove il gruppo può sbizzarrsi in jam, cosa che farà nel finale. Poderosa la sezione ritmica del brano, eccellente l'interpretazione vocale di Chapman (il ritornello trasforma questa "semplice" canzone rock in un vero e proprio inno) e favoloso assolo di chitarra di Whitney nella coda. Un esempio di come un buon brano possa diventare davvero eccellente, quando eseguito e arrangiato nella maniera giusta.

Variation on a theme of "The Breeze" (:39)

Chiusura del lato A. Se le altre due variazioni contenenti nel disco suonano curiose, questa tende, invece, a banalizzare e rendere più convenzionale uno dei brani più interessanti dell'album. Probabilmente l'unica (leggerissima) macchia del primo lato, ma d'altra parte, sono solo 40 secondi scarsi.


Side B:
(19:55)




Hey Mr. Policeman (3:14)

Brano scritto in collaborazione con Grech dal solito duo Chapman/Whitney, "Hey Mr. Policeman" apre la suite non dichiarata che si trova sul lato B del disco. Tutti i brani infatti, sfociano l'uno dentro l'altro e suonano perfettamente compatti insieme. Musicalmente, è un buon blues, con un testo piuttosto inquietante ("Signor poliziotto, per favore, lasciamela vedere ancora una volta, prima che vada in carcere. Ho ucciso per quella donna"). Ancora una volta, la voce di Chapman è un punto alto: quieta, pacata e ciò nonostante, assolutamente inquietante e paranoica. Ottima anche la batteria di Townsend. Nel termine del brano, dei suoni dissonanti prendono il sopravvento per lasciare spazio al brano seguente.

See Through Windows (3:44)

Bellissimo brano che dimostra perfettamente cosa intendiamo per progressive rock (ricordiamolo, prima dei King Crimson). Poderosa melodia eseguita prima alla chitarra e successivamente doppiata dall'armonica, che lascia spazio alla potentissima voce di Chapman. Il tutto accentuato da uno degli arrangiamenti di batteria più belli e sofisticati mai scritti da un gruppo dell'epoca. Qualche virtuosismo di Whitney alla chitarra, che si ritaglia il suo spazio nel finale del brano.

Variation on a theme of "Me My Friend" (:22)

Il tema del quarto brano del primo lato viene reso quasi totalmente irriconoscibile grazie all'uso di un sitar che suona la melodia spostandone gli accenti.

Peace of Mind (2:19)

Un altro brano eccellente. Splendida la melodia vocale e l'incidere maestoso della base strumentale, impreziosita dal violino di Grech. Nel ritornello, il controcanto non è femminile, ma è opera di Jim King, che dimostra la sua grandissima estensione vocale. Come per "Old Songs New Songs", le voci rendono il finale del brano un vero e proprio inno.

Voyage (3:38)

Il riverbero dell'ultima nota del brano precedente non è ancora terminato che, minaccioso, si avvicina sempre di più il violino di Grech. La voce di Chapman è in doppia pista, ma in uno dei due canali suona bizzarra, come leggermente rallentata. Dei suoni minacciosi (note prolungate di violino distorto) appaiono tra una strofa e l'altra e una stralunata sezione strumentale, parzialmente atonale, compare a metà brano. Il nastro viene rallentato nell'ultima nota di ogni ritornello, cambiandone la tonalità. Il finale del brano è affidato ai suoni di volino distorto, con un mellotron che suona una melodia spettrale. Ascoltando al contrario tale melodia, ci si accorge che non è altro che la traccia di tale strumento tratta dalla sezione centrale del pezzo riprodotta a rovescio. Probabilmente, il brano che preferisco dell'album. 

The Breeze (2:50)

La necessaria quiete dopo la tempesta. In questo caso, però, il livello della composizione è tanto alto quanto quello che abbiamo appena sentito. La parte di batteria consiste solamente in un ritmico colpo sul bordo del rullante come ad emulare un metronomo o, più probabilmente, un orologio (cosa dimostrata anche dalla melodia che suona in pizzicato Ric Grech sul violino, tra una strofa all'altra). Ottime sonorità offerte dalla chitarra in wah-wah, dal violino e dai fiati. Forse l'unico vero brano rilassante dell'album.

3 X Time (3:49)

Si arriva così alla conclusione del disco. L'incipit, affidato alla chitarra acustica e al sassofono, farebbe pensare ad una profonda e malinconica ballata. Dopo un minuto e mezzo, però, i toni cambiano bruscamente e il brano si trasforma in una giga ubriaca e goffa, con sassofoni fuori tono tra di loro e kazoo. Una breve sezione strumentale cerca di riportare il brano alla serietà (senza molto successo), ma poco dopo, la giga ritorna, più scanzonata di prima. L'ultima nota della giga viene troncata bruscamente e dopo un paio di secondi di silenzio, inizia una brevissima (10 secondi) versione ubriaca dell'inno Inglese "God Save The Queen", e su questo, il disco termina. Un modo un po' enigmatico di chiudere il disco, ma comunque eccellente e che dimostra che il gruppo, oltre a essere maestro degli arrangiamenti e della composizione aveva anche senso dell'umorismo.


Nel Marzo del 1969 esce il secondo album, l'ottimo "Family Entertainment". Nonostante l'album sia di fattura eccellente, il tour Americano si dimostra un disastro, soprattutto a causa di un incidente con Bill Graham, il direttore del Fillmore East. Inoltre, la droga rende sempre di più instabile il comportamento di Jim King che viene fatto allontanare e Ric Grech lascia il gruppo quasi senza preavviso per unirsi ai Blind Faith di Eric Clapton, Ginger Baker e Steve Windwood, tre dei suoi eroi. Qualsiasi altro gruppo, a questo punto, avrebbe gettato la spugna, ma non i Family. Tuttavia, questa è un'altra storia che vedremo un'altra volta.



1 commento:

Donald McHeyre ha detto...

Nulla da aggiungere. Hai fatto un buon lavoro.