venerdì 2 dicembre 2016

Ivan Romano - L'Inventore Saltuario (Arie, 2016)

Approcciare "L'inventore Saltuario" di Ivan Romano non è stato semplice. Un disco colorato, istrionico nella sua propensione al folk, teatrale senza risultare attoriale o artificioso, ma in un equilibrio precario nei toni. Si, perché il cantautore campano sbilancia un po' i toni a favore di narrazioni geografiche, contestuali o di viaggio, come in "Irpinia" e in "Salento", i brani più mediterranei ma anche i più scontati, nonostante la profondità nel riferirsi a terre che sembrano essere parte dell'anima. Tra i suoi riferimenti più evidenti, forse pronosticabili ancor prima di approfondire, si percepisce appena Francesco De Gregori ("Ma è Difficile Farlo", "Vento di Primavera") ma nonostante il carattere forte e deciso di Romano, la sua presenza artistica impetuosa che monopolizza ecletticamente la scena, in un'analisi critica come quella che stiamo facendo non possiamo che spostare l'attenzione verso la musica. In questo lavoro infatti rinveniamo di tutto: blues, musica sudamericana, musica d'autore anni cinquanta, settanta e novanta, jazz e ancora jazz. In ogni cambio di registro gli strumentisti rivelano grandi dinamiche, capacità tecniche notevoli e in grado di liberare il frontman dall'impaccio anche in quei momenti dove la sua voce, per così dire, imbizzarrisce.

Per dare un giudizio definitivo a questa opera, ritorniamo al suo titolo. Chi è un inventore saltuario? E' un lavoratore instabile, malsicuro, in una condizione vacillante, un po' come lo sono tutti i creatori ovvero gli artisti, e in questo periodo un po' tutti gli italiani. Solo collocandolo nel quadro ben preciso della nostra attualità, trova un significato e un'ubicazione socialmente rilevante diventando non solo un disco ma anche una rappresentazione di un mondo.  

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