mercoledì 3 gennaio 2018

Vallanzaska - Orso Giallo (Maninalto!, 2017)

La storia formazione milanese dei Vallanzaska, veri portabandiera dello ska punk all'italiana, arriva all'undicesima fatica discografica con questo "Orso Giallo", rinsaldando nuovamente la collaborazione con la label Maninalto!. Dai tempi di "Cheope" sappiamo cosa aspettarci da Davide Romagnoni e soci, con tutti i tratti tipici dello ska, ovvero ritmi in levare, rapidi, per far muovere il culo, conditi con tematiche impegnate mescolate ad un'ironia acuta e piccante, che non disdegna anche il coinvolgimento politico. Non a caso, quest'ultimo lavoro è inaugurato da "Assessore", classica sequela di stilettate alla classe dirigente che non può mancare - con i tempi che corrono - in un album di questo genere, senza parlare della conclusione a questo punto prevedibile, intitolata "Donald Trump" (in verità un manifesto piuttosto pessimista, e a ragione, sul futuro della nostra società così americanocentrica, nelle mani di una persona così...). Quest'accoppiata di per sé non rende giustizia ad una carriera di ottime pubblicazioni, ma rappresenta pienamente cosa attendersi dal rimanente materiale. Reggae in "Dubai" ed "Easy", ska full-speed in "Balla" con la sua strepitosa satira sulle magliette indossate dal loro pubblico,  una follia nonsense sulla salsa di soia che macchia l'abito poco prima di un colloquio di lavoro ("Soia"), per finire poi sulla crisi di mezz'età, il periodo in cui si decide di mettere la testa apposta e dunque "Non Pogo Più". Non può mancare qualche riferimento alla cannabis ("Quando E' Gatta"), anche qui con più di qualche boutade provocatoria benché inoffensiva. La canzone più emotiva è sicuramente "Sei Qui", dedicata ad un fonico che ha lasciato la band, mentre il momento massimo a livello lirico si ottiene con "Io Non C'Entro", caricatura molto ben riuscita, pungente al punto giusto, per descrivere un atteggiamento molto italiano: "non ne so nulla, non ho visto niente, non sono fatti miei, io mi faccio gli affari miei". Non è una citazione del testo, ma questo è il succo. Meritevole di una menzione a sé è sicuramente anche l'arrangiamento di "Ragazzo Distratto" con il pianoforte che gioca in maniera intelligente e mai scontata con le chitarre, prima del climax che si manifesta con l'inserimento dei fiati. Come in tutti i dischi di questo genere, i fiati sono fenomenali e Piras non sbaglia un colpo. Ottima anche la sezione ritmica, che tiene banco per tutta la durata dell'album in maniera precisa e ben tirata. La composizione è ormai a colpo sicuro, nel senso che basta ripetere qualche stereotipo per accontentare i fan ormai fedeli da venticinque anni. 

In generi come questo, o il reggae, o i baluardi dell'elettronica più di nicchia (drum'n'bass, techno, dubstep), variare troppo è visto come un errore, e la formula vincente è quella che fa muovere il culo. I Vallanzaska nonostante gli anni passano sanno sempre il fatto loro e non ce n'è per nessuno. 

lunedì 1 gennaio 2018

YATO - Post Shock (autoproduzione, 2017)

"Post Shock" è il primo sforzo discografico di YATO ("cantautore electro vocal", che troviamo addirittura nel nome dell'artista su Spotify!), alias scelto da Stefano Mazzei per esordire sulle scene italiane. Si tratta di un lavoro dalle forti sonorità elettroniche, appunto, cantato però in italiano, e che quindi per forza di cose deve confrontarsi con la band che più di tutte ha fatto di questo genere un'arte: i Subsonica. Soprattutto a livello melodico, per tastiere e bassi, ci sentiamo i bei tempi di Pierfunk e Boosta alle prese con le prime contaminazioni funk rock, reggae, new wave,  ma chiaramente le influenze vanno oltre, risalendo a quelli che sono i luminari del genere anche per i torinesi stessi: Depeche Mode, Kraftwerk, saltuariamente anche Joy Division e CSI/CCCP. Infatti, la particolarità di questo lavoro è che sembra un disco electro pop fatto da un grande ascoltatore di alternative rock italiano (Verdena, Afterhours, Il Teatro degli Orrori, per citare almeno qualche nome importante), e ciò si avverte in maniera evidente in "Ormonauti RMX", degna chiusura del disco, e "Consciok". "Post" è la critica ai social network che ormai ci si aspetta ma che non ha assolutamente nessuna ragione d'essere, sebbene il brano risulti tra i migliori anche in virtù di quell'inizio così malinconico e tetro capace di spostare per un momento l'asse del disco dal ballo alla riflessione. Picchi d'ironia e satira non nascondono un approccio smaliziato all'arrangiamento da canzone d'autore, solo colorato da qualche synth e beat sintetico, come ad esempio "Le Teorie Possibili". "Idolatrina", una delle tante parole macedonia in cui ci imbattiamo nel disco, ha un testo quasi nichilista ma di fatto potrebbe passare tranquillamente in radio, ed è l'esempio migliore di come il fiorentino sia in grado di circumnavigare tutto il continente dell'elettronica, dai suoi frangenti più pop-friendly a quelli underground, inaccessibili al grande pubblico. 

Il lavoro è sicuramente di alta qualità, a livello di suoni, scrittura, atmosfere coerenti con i messaggi, attitudine. L'intenzione si sente tutta ed è esplicitata sempre molto bene con una solida architettura anche lirica, che non nasconde la buona capacità letteraria e compositiva del giovane Stefano. Difficile muovere note critiche, ma sarà sicuramente difficile trasformare un primo sforzo di questo calibro in un seguito uno scalino sopra come ci si aspetta. Da tenere d'occhio.